Arance e Martello: spietata analisi di oggi

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Arance e Martello: spietata analisi di oggi

Settembre 2014. Roma, 2011. Uno dei mercati rionali più famosi della città, quello di S.Giovanni, é in crisi. Da mesi le sorti del serpente di tetti in alluminio sembrano ineluttabili e lo sfratto alle porte. L'aria tra i commercianti é tesa in quella che é considerata essere l'estate più torrida dall'Unità d'Italia.
Berlusconi é Presidente del Consiglio, Alemanno il sindaco capitolino e la sinistra italiana continua a mancare di una leadership. Non é poi passato tanto tempo e le cose sono cambiate solo parzialmente.
É in questo clima che si dipana la trama di Arance e Martello, di Diego Bianchi, noto ai più sotto allo pseudonimo 'Zoro', blogger e giornalista televisivo di successo, quì alle prese con il suo esordio cinematografico.
Lo stile, non per altro, ricorda la pluripremiata opera prima del collega Pif La mafia uccide solo d'estate (non per nulla la fotografia é firmata in entrambi da Roberto Forza, DOP di abitudine di Marco Tullio Giordana). La telecamera dichiarata va a sottolineare una veridicità cronistica, le cui immagini si vanno a sommare e, alle volte, a confondere con quelle proprie del cinema di narrazione. Con questi presupposti tecnici, che facilmente mescolano la nostra visione sulla trama con quella dei servizi di 'Presadiretta', lo spettatore viene accompagnato attraverso una fiaba romana, costantemente risvegliata da bruschi riferimenti alla cronaca reale, attraverso i turbamenti e la confusione politica tipica degli anni che stiamo vivendo.
Tema caro al regista, che con i suoi servizi satirici in merito ha fatto carriera, é la crisi del Partito Democratico. Un sistema incapace di rispondere ai bisogni reali del suo elettorato, costantemente sbattuto avanti e indietro nella sua storia antica e recente attraverso miti e riferimenti in eterna lotta fra loro e con continui scontri generazionali.
É con questi presupposti che Bianchi, dopo un'attenta definizione corale dei suoi personaggi, scatena le danze annunciando la definitiva chiusura del mercato.
I commercianti, colti alla sprovvista e vedendosi abbandonati a sé stessi nella desolata capitale a Ferragosto, prendono d'assalto una famiglia di nostalgici dell'ex P.C.I. che presidiava instancabilmente la vicina sezione. Toccherà a loro tentare di risolvere le controversie che affligono i venditori romani, ma presto incepperanno in quei tranelli e rallentamenti burocratici che, loro per primi, avevano sempre rimproverato al Partito Democratico, erede sfinito di un passato tanto pesante.
I commercianti, con l'acqua alla gola, non troveranno altre vie che una sola, tragica soluzione.
 
Riflessione grottesca acutissima su una società civile sempre più gaberianamente confusa tra destra e sinistra, tra valori nuovi e vecchi in perpetua trasformazione e lotta tra loro, che come unica ed ultima risoluzione comune trovano Francesco Totti nel pantheon di giovani e vecchi come 'nuovo partigiano'. La giovane ricercatrice disoccupata alla quale non viene prestato ascolto solo perché "fregna" (come non manca di notare prontamente il vecchio del gruppo) e vestita come "una delle escort di Berlusconi" (come invece le sbatte in faccia la segretaria della sezione) è l’emblema della mancanza di ascolto di una società in mutamento.
 
Bianchi, come Pif, é riuscito a intuire, grazie allo stile televisivo d'inchiesta, un linguaggio leggibile per parlare dei problemi di oggi a un pubblico di tutte le età. Non di meno é in grado di mettere davanti a uno specchio soprattutto i più giovani riguardo ai loro dubbi e le loro incertezze di carattere politico, oggigiorno così difficilmente comprensibili. Tutto ció lo ha raggiunto con l'espediente della crisi economica, molto astuto e per nulla semplice per imbastire una metafora lunga cento minuti della palude italiana degli ultimi sei anni. Complimenti alla Fandango per l'audace scommessa!
 
GENERE: é difficile incastrare questo film in una sola categoria. Non si tratta di un documentario a tutti gli effetti, ma neanche di un film di narrazione. Si potrebbe ridefinire partendo da una nuova branchia del Cinema Verité di impegno politico, portato avanti da una classe di giovani giornalisti. Gli accenni palesi di umore sono marcatamente di sentimento grottesco.
 
TEMPERATURA: bollente. Il ferragosto romano rispecchia il clima afoso che si respira in tutta Europa dall'esplosione della crisi americana del 2007.
 
VELOCITÀ: non é un film particolarmente rapido e forse questa é una delle sue poche pecche, non approfittando appunto della propria cifra stilistica televisiva e dei potenziali ritmi serrati di botta e risposta.
 
QUALITÀ: non é un blockbuster. Serve una grande sensibilità e un interesse concreto verso l'attualità per lasciarsi muovere da questo film.
 
DA VEDERE CON: necessariamente chiunque. Uno dei maggiori pregi di Arance e Martello é la capacità, oggi per nulla scontata, di parlare a tutti.
 
Gli abbinamenti FOOD
 
Di Luigi Rubinelli
 
Vini: visto che il film parla a tutti stiamo su un vino facile, per tutti: Est Est Est di Montefiascone-Poggio al Cardinale dell’Antica Cantina Leonardi di Montefiascone, Viterbo. I vitigni sono a curca 450 mt sul livello del mare e questo vino ha dei profumi e dei sentori straordinari. Ottimo durante il film, non raffredatelo troppo, perde consistenza e va giù troppo alla svelte, perdendo fascino.
 
Formaggi: il Pecorino Romano è d’obbligo, in linea con il film, da queste parti spopola anche se per molti il gusto è forte. È un formaggio duro di pecora. Viene utilizzato caglio d’agnello in pasta. Se fresco va bene come formaggio da tavole, se duro da grattugia. È un formaggio da gustare in entrambe le modalità.
 
Cioccolato: per tutti, il Lindt orange intense, in omaggio alle arance. Se avete avanzato del vino accoppiatelo: straordinario.

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