Censis: internet combina tempo e denaro

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Censis: internet combina tempo e denaro

Ottobre 2015. Negli anni della crisi abbiamo assistito a un processo selettivo dei consume mediatici e abbiamo osservato una connotazione anticiclica della rete, dice il Censis:
 

 
– nel 2015 la televisione continua ad avere una quota di telespettatori che coincide sostanzialmente con la totalità della popolazione (il 96,7%), con un rafforzamento però del pubblico delle nuove televisioni: +1,6% rispetto al 2013 la web tv, +4,8% la mobile tv, mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e ormai il 10% degli italiani usa la smart tv;
– anche per la radio si conferma una larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’83,9% degli italiani), con l’ascolto per mezzo dei telefoni cellulari (+2%) e via internet (+2%) ancora in ascesa;
– l’uso degli smartphone continua ad aumentare vertiginosamente (+12,9%) e ora vengono impiegati regolarmente da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), mentre i tablet praticamente raddoppiano la loro diffusione nel giro di un biennio e oggi si trovano tra le mani di più di un quarto degli italiani (il 26,6%);
– gli utenti di internet crescono ancora (+7,4%), fino ad arrivare al valore record del 70,9% della popolazione italiana (per quanto solo il 5,2% di essi si connette attraverso la banda ultralarga);
– continua la forte diffusione dei social network. È iscritto a Facebook il 50,3% dell’intera popolazione e il 77,4% dei giovani under 30.
YouTube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani). E il 10,1% degli italiani usa Twitter;
– al tempo stesso, non si inverte il ciclo negativo per la carta stampata:
-1,6% i lettori dei quotidiani, -11,4% la free press, tengono i settimanali e i mensili, mentre sono in crescita i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%);
– infine, dopo la grave flessione degli anni passati, non si segnala una ripresa dei libri (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell’ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all’8,9% (+3,7%).
Nel medio periodo, dal 2007 (l’anno prima dell’inizio della crisi) a oggi, I lettori dei quotidiani sono diminuiti del 25,1% e i lettori dei libri dell’8%, mentre gli utenti di internet sono aumentati del 25,3%. La televisione si è mantenuta stabile nel tempo, sostanzialmente sugli stessi livelli di utenza, perché il calo dei telespettatori della tv tradizionale è stato compensato dal successo delle sue nuove forme di fruizione, visto che la web tv è passata da una utenza del 4,6% nel 2007 al 23,7% del 2015, la mobile tv dall’1% all’11,6%, e oggi un italiano su dieci guarda la smart tv connessa a internet.
Nel frattempo hanno conosciuto una notevole diffusione gli smartphone (con un incremento dell’utenza di 37,8 punti percentuali rispetto al 2009) e I tablet (il 18,8% di utenti in più dal 2012).
 
Tutte queste oscillazioni sono avvenute in un contesto di generale arretramento dei consumi mediatici per effetto della crisi. Infatti, posto uguale a 100 l’indice complessivo dei consumi registrati nel 2002, il valore (una specie di Dow Jones dei mezzi di comunicazione) era arrivato a 117,8 punti nel 2007, per ridiscendere subito dopo, attestandosi a 112,8 punti nel 2015. Prima dell’inizio della crisi, dunque, si era raggiunto il consume massimo. Intanto i mezzi a stampa, che nel 2007 erano arrivati a un livello di 123,1 punti, sono precipitati a 91,5 nel 2015, mentre i nuovi media hanno continuato la loro avanzata, passando dai 124,2 punti del 2007 ai 142,5 del 2015.
 
Forte crescita della spesa
La spesa delle famiglie per l’acquisto di tecnologie di comunicazione digitali segue infatti un trend in forte crescita, nettamente più dinamico dell’evoluzione della spesa complessiva. Negli ultimi vent’anni, dal 1995 al 2013, a fronte di un incremento medio dei consumi solo del 9,6% in termini reali, la spesa per computer e accessori è aumentata del 249,8%, mentre la spesa per giornali e libri ha segnato un -32,6%, con un’accentuazione della flessione dopo il 2007. Nello stesso arco di tempo, la spesa per telefoni e servizi telefonici ha registrato un rialzo del 233,9% (superando i 25 miliardi di euro nel 2013), nonostante la battuta d’arresto del 2009 e la brusca frenata del 2012, dopo una fase di crescita costante e prolungata, a causa dell’impatto sui consumi della crisi economica.
La diminuzione delle disponibilità finanziarie ha costretto gli italiani a fare delle scelte nell’ambito dei propri consumi. E gli strumenti digitali sono stati premiati dal processo selettivo innescato dalla crisi: hanno conosciuto una fase espansiva in controtendenza, anzi abbiamo assistito a un vero e proprio boom di smartphone e connessioni mobili. I media digitali hanno assunto, in effetti, una funzione anticiclica durante la crisi. Gli italiani hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere di disintermediazione, che ha significato un risparmio netto finale nel loro bilancio personale e familiare.
Usare internet per informarsi, per prenotare viaggi e vacanze, per acquistare beni e servizi, per guardare film o seguire partite di calcio, per entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche o svolgere operazioni bancarie, ha significato spendere meno soldi, o anche solo sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa.
 
Nuove offerte
Hanno quindi agito contemporaneamente due spinte contrapposte: da una parte, aumentava l’offerta di opportunità comunicative, che si traducevano in un maggior numero di servizi e di strumenti, che richiedevano però un investimento non indifferente da parte degli utenti, non solo in termini economici, ma anche in termini di tempo e di impegno; dall’altra, però, la crisi in atto diminuiva le disponibilità finanziarie dei cittadini, che dovevano quindi fare delle scelte. L’evoluzione dei media non poteva non essere selettiva, dunque. Di conseguenza, estremamente interessante, perché I consumi a cui in tempi di crisi si decide di non rinunciare ‒ o che addirittura vengono incrementati ‒ assumono un carattere speciale: sono i consume considerati indispensabili; quelli che, di conseguenza, definiscono il profile dei consumatori.
 
L’investimento combinato di tempo e denaro sembra essere la chiave di lettura più pertinente in grado di decifrare il significato delle tendenze in atto. Hanno successo i media che comportano un basso costo e permettono di occupare gli spazi vuoti di tempo, come la televisione e la radio; oppure quelli che, pur prevedendo un certo costo, rendono più produttivo l’impiego, perché fanno risparmiare tempo o lo riempiono di qualcosa di prezioso, come i telefoni cellulari e internet. Invece, i mezzi che costano (per quanto anche relativamente poco) e che richiedono un investimento particolare di tempo, nel quale risulta decisiva la componente dell’impegno personale e della concentrazione, come i mezzi a stampa, scontano maggiori difficoltà a ritagliarsi un loro spazio. Ciò a causa della concorrenza di altri media più smart e per la maggiore oculatezza che spinge gli utenti a spendere il loro denaro nella crisi.
 

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