Giugno 2014. La chiamano Internet of Things e significa che tutti gli oggetti che abbiamo intorno sono connessi, offrendo innovazione ad alto tasso di servizio. Dotati di una nuova intelligenza che permette un nuovo scambio delle informazioni, le cose che popolano le smart city sono sempre di più: sono i varchi dei parcheggi che ci riconoscono, le pensiline dei mezzi pubblici che segnalano l’arrivo di un mezzo entro un certo tempo, i pali della luce che si accendono e si spengono rilevando diversi parametri ambientali, interi edifici costruiti per soddisfare i nostri bisogni di sicurezza e di benessere. Il negozio è nella Internet of Things già oggi. Ci sono tutta una serie di tecnologie che collegano la shopping experience al negozio, il marketing al cliente, il brand al consumatore… Il tutto attraverso una pluralità di canali on line e off line che si integrano, si affiancano, si completano. Le informazioni circolano in maniera ubiqua e pervasiva tra oggetti e sistemi di servizio: dagli schermi per il digital signage agli smartphone, dal Web ai media, dai poster al messaging.
Dal negozio stand alone al negozio connesso
Facciamo un passo indietro. Nella distribuzione, per motivi culturali ed economici, l’informatizzazione è arrivata più tardi rispetto ad altri settori. Quello che è certo è che oggi il negozio stand alone è finito: i punti vendita sono a tutti gli effetti delle aziende estese e connesse. La gestione di un processo di vendita, infatti, comporta una gestione dei processi informativi complessa e stratificata su più fonti e su più livelli di servizio. La multicanalità del consumatore che può effettuare i suoi acquisti in negozio, in strada, da pc via e-commerce, da telefonino o da tablet sfruttando il mobile commerce impone nuove logiche di convergenza e integrazione tra gli operatori della filiera. Dalla fornitura delle materie prime alla produzione, dalla logistica alla distribuzione, quando la supply chain è integrata a livello informativo, tutti i meccanismi del business acquistano una nuova armonia ma anche una nuova efficienza che accompagna il prodotto e aiuta a gestire la relazione con il cliente finale che arriva allo scaffale e acquista. Nel retail management ogni fase di back-end e di front-end contribuisce infatti alla shopping experience. La gestione delle informazioni è parte integrante del servizio. Se il prodotto non arriva in negozio, se l’etichettatura non è conforme o non è chiara, se l’esposizione non è ottimale, se il commesso non è informato e competente, se la transazione non funziona o se la post vendita non è all’altezza del marchio acquistato, l’esperienza del cliente contribuirà a non creare fidelizzazione e passaparola. Ogni fase, dunque, presuppone una buona gestione dei prodotti e delle informazioni su ogni prodotto. E in ogni fase c’è un cluster di tecnologie che concorre all’ottimizzazione e che presuppone Internet come denominatore comune nel passaggio dell’informazione. L’era della Internet of Things è l’era dell’innovazione digitale e degli smart service.
Se anche il prodotto diventa comunicante
Chi si occupa di vendita sa che oggi non si vende soltanto un prodotto. Si vende il valore di un brand, lo status symbol di un’experience, la qualità di un servizio, la formula di uno sconto, l’emozione di una conquista, la magia di una relazione, la voglia di novità e tanto altro ancora. In ogni caso prima di un prodotto quello che oggi si vende è prima di tutto informazione: quella mediatica, quella dei passaparola che oggi hanno nei social una nuova risorsa, quella del Web e dei motori di ricerca (gli esperti descrivono il fenomeno come webrooming, in antitesi allo showrooming*). Ma anche quella solidale con il prodotto. Per questo si usano i barcode che codificano in modalità standard categorie di oggetti oppure, a livello più evoluto, si utilizza l’identificazione univoca tramite tag Rfid per gestire tantissime informazioni in più. I negozi sono nella Internet of Things da tempo perché i prodotti sono e devono essere comunicanti. E oggi possono farlo attraverso moltissime forme: il codice a barre che un tempo era un sistema di gestione del back-end grazie agli smartphone è diventato parlante e può essere letto e compreso anche dai consumatori finali. Il tag Rfid può essere letto in negozio da un commesso che, grazie a un palmare o a un dispositivo appositamente equipaggiato, ha accesso a informazioni che può condividere in tempo reale con il cliente per raccontargli origine e provenienza, verificare il made-in ma anche spiegargli la disponibilità e l’eventuale corollario di cross selling. I Qr code o i tag Nfc superano la relazione con il commesso, rendendo l’informazione self service: il cliente grazie al proprio smartphone legge il codice e acquisisce informazioni in modalità multicanale, dalla ricetta di un video a una sfilata, dallo story telling di una manifattura al trailer di uno spot. E con il proximity marketing le nuove tecnologie legate allo smart tagging stanno continuano ad evolvere: i beacon, ad esempio, sono l’ultima frontiera del proximity marketing in-store e out-store. Grazie allo smart tagging diventano intelligenti e comunicanti i tavoli, gli scaffali, i pavimenti, i soffitti: integrano dei reader che scatenano eventi di comunicazione (Burberry quando provi un impermeabile sincronizza l’intero digital signage del negozio su un filmato di pioggia scrosciante).
Il consumatore è mobile come l’informazione
Un altro punto a favore della distribuzione è che lo smartphone ha aiutato il consumatore a capire la tecnologia in maniera più rapida di quanto non abbiano fatto i computer. La comunicazione ha rotto le barriere della diffidenza verso le tecnologie che all’inizio avevano un nome criptico: M2M (machine to machine) e H2M (human to machine). Lo smartphone diventa il mezzo di comunicazione con il resto del mondo fisico e digitale permettendoci di accedere a nuove informazioni tramite sensori, Gps, Bluetooth, Qr code, barcode e tag Rfid ed Nfc. Che oggi gli oggetti “ci parlino” non stupisce, ma affascina. Showrooming (e webrooming) sono falsi miti: se il consumatore è più informato, anche il personale in store deve mantenersi aggiornato. La figura del commesso evolve, grazie a una relazione supportata dalle nuove tecnologie ‘mobile’ che offrono informazioni giuste al momento giusto nel posto giusto. Lo possono fare andando al pc oppure consultando un totem in-store. Lo possono fare grazie a un sistema di walkie talkie o di smart badge (come fa Aldo Coppola). Lo possono fare utilizzando un iPod (come fa Sephora) o un tablet (come fa Coin). Se il consumatore è multicanale, anche i commessi devono essere connessi perché nell’era delle smart city anche i negozi devono essere più smart.
Legenda: che cosa sono gli smart tag, ovvero gli attuatori della Internet of Things
Barcode: il codice a barre è un sistema di codifica standard con cui, attraverso un insieme di linee verticali di varie dimensioni, vengono riportate la serie di informazioni legate al prodotto che vengono lette e decodificate da un sensore a scansione ottica. Il codice più diffuso è formato da una serie numerica di 13 cifre (EAN-13) che includono il prefisso aziendale che identifica l’azienda a livello internazionale, il codice del prodotto e una cifra di controllo, calcolata in base alle altre presenti nel codice tramite un apposito algoritmo. Introdotto originariamente per facilitare il check-out alle casse dei supermercati, al giorno d’oggi il codice a barre riduce i tempi e gli errori lungo tutta la filiera garantendo la tracciabilità e la trasparenza delle informazione dei prodotti (etichetta e provenienza). Il codice a barre può dirsi linguaggio globale delle imprese, adottato da partner commerciali in tutto il mondo per identificare, leggere e condividere informazioni su prodotti, luoghi, spedizioni, magazzini, ordini, vendite.
Qr code: Il Qr Code è un codice bidimensionale a matrice e rappresenta l’evoluzione del tradizionale barcode. Viene letto tramite la fotocamera di un telefono cellulare, previo download di una app scaricabile gratuitamente che decodifica le informazioni. Ma non solo: Qr code consente di collegarsi a pagine Web create ad hoc e così avere accesso a informazioni aggiuntive o ad aggiornamenti, indipendentemente che si tratti di testi, video o immagini, senza vincoli legati al peso dei format. I vantaggi associati all’utilizzo del Qr Code sono da un lato la possibilità di condensare un grandissimo numero di informazioni e, dall’altro, di innescare un accesso intelligente alla Rete tramite l’utilizzo di tecnologie di ultima generazione. Il valore aggiunto del Qr Code, infatti, sta nel fatto che permette un passaggio immediato dal mondo cartaceo al world wide web in un’ottica “customer friendly”, il che significa con facilità, in tempo reale e gratuitamente. L’acronimo iniziale “Qr”, infatti, sta per “quick response”, ovvero risposta rapida.
Rfid: Il termine Rfid significa identificazione a radiofrequenza (in inglese, Radio Frequency Identification) ed è una tecnologia che identifica gli oggetti in modo automatico, massivo, indiretto e omnidirezionale (a differenza del codice a barre che consente una lettura singola diretta e da una particolare angolazione). L’identificazione avviene usando un’antenna che legge un tag, (detto anche transponder) applicato sull’oggetto. Il tag Rfid è costituito da un chip e da una piccola antenna assemblati su un supporto di dimensioni ridotte. Mentre il chip incorpora memorie di diversi tipi e si occupa di gestire tutte le attività del tag, l’antenna permette di comunicare con i reader (o lettori) del sistema Rfid. Il tag contiene un certo numero di informazioni relative all’oggetto su cui è applicato (come il codice, la data di produzione, il produttore), che possono essere statiche, oppure cambiare nel corso del tempo.
Nfc: Il tag Nfc è un’evoluzione della tecnologia Rfid. Si tratta di un chip che sfrutta una particolare modalità di proximity detta tap o contactless. Il sistema è piuttosto semplice: un dispositivo mobile, che può essere un telefonino, uno smartphone o un PDA equipaggiato di un tag Nfc (acronimo di Near field communication), sfrutta la radiofrequenza a corto raggio del sensore, attivando una comunicazione di tipo bidirezionale. Questo significa che il tag Nfc può leggere informazioni e che le sue informazioni possono essere lette. Un aspetto importante da sapere sulla tecnologia Nfc è che è stata sviluppata con una particolare attenzione alla sicurezza ed è il motivo per cui questa tecnologia viene usata anche per i pagamenti contactless (da smartphone o tramite smart card Nfc).
Beacon: i Beacon sono dispositivi sensorizzati che vengono installati dentro o in prossimità degli store. Sfruttando la tecnologia BLE (Bluetooth Low Energy) permettono il trasferimento di dati elaborati tramite localizzazione Gps. In pratica si usa il Bluetooth contenuto nei telefonini per comunicare con gli smart sensor distribuiti all’interno o all’esterno degli edifici. Ed è proprio questo che consente interagire in modo diverso con i consumatori in quanto il loro smartphone è in grado di identificare il sensore e, tramite una app che l’utente accetta di scaricare, può inviare contenuti personalizzati come informazioni, sconti o promozioni.
* Buzz world: showrooming e webrooming
Showrooming: Un fenomeno nel processo di acquisto per cui il consumatore fa una comparazione dei prodotti e dei prezzi via smartphone o tablet mentre è in negozio. Poi va a casa e compra on line. Succede soprattutto con i prodotti di elettronica, ma anche con il fashion e i libri.
Webrooming: Un fenomeno nel processo di acquisto per cui il consumatore, da casa, inizia via Web a fare una ricerca su diversi brand della distribuzione per comparare prezzi e prodotti. Una volta che si è fatto un’idea, esce e si reca in un negozio fisico per scegliere cosa comprare davvero. Succede con l’abbigliamento, gli accessori per la casa, ma anche con i prodotti di bellezza.
Luigi Buondonno Key Account Manager, Econocom International