Come si fa a definire e a pesare la Qualità?

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Come si fa a definire e a pesare la Qualità?

Maggio 2017. Dai semafori imposti per legge alla lettura delle etichette, alle informazioni dei social a quelle dei siti dei retailer e delle IDM, dal passaparola alla suggestioni del personale di vendita. I consumatori sono alle prese con un ginepraio di fonti che via via si stanno moltiplicando. La Qualità del prodotto, quella con la Q maiuscola, è diventata difficile da trovare e da interpretare nelle sue diverse sfaccettature.
 
Forse è il caso di approfondirla nei suoi diversi aspetti.
 
La sicurezza alimentare
Parlare di sicurezza alimentare tout court è difficile per il lavoro che lobby stanno facendo a livello europeo e italiano. Il caso di Coca Cola e il semaforo, scatenatosi alla fine di aprile la dice lunga sulle informazioni di lungo periodo. Per assolvere a questo capitolo è necessario guardare con attenzione alla composizione degli alimenti innanzitutto (munendosi di un proprio vocabolario, data la complessità degli additivi utilizzati, facendo ricorso spesso a Google e agli altri motori di ricerca) e vedere nel dettaglio quali sono i valori nutritivi indicati nelle etichette. La chiarezza dell’etichetta è sovrana, ma leggerla in uno spazio ristretto con corpi piccolissimi e sintetici non è semplice. Bisognerebbe trovare in ogni etichetta un QRCode o uno strumento similare che rimandi a informazioni il più possibili complete. È possibile?
 
Le origine produttive
Il ruolo della tracciabilità e delle filiere, le denominazioni di origine sono alla base della leggibilità del prodotto. Leggi e disposizioni a parte, segnaliamo il lavoro fatto sulle Marche del distributore, MDD, da Coop per la chiarezza definitiva alla ricerca di informazioni. Anche Selex ha un proprio sito dedicato e proprietario, staccato da quello corporate, dove è possibile cimentarsi alla leggibilità dei prodotti MDD del gruppo commerciale. Più difficile cercare informazioni esaurienti per le altre insegne e i loro prodotti, in genere rilevabili nei siti corporate dove le informazioni sono stringate.
 
I contenuti salutistici
Qui il ginepraio è sovrano anche perché siamo in un’area in piena espansione. I lineari di vendita che riguardano gli integrali, i sugar free, gli integratori di vario tipo, i prodotti funzionali, si stanno allungando e arricchendo in modo sorprendente, a volte fantasioso mischiando nuovi brand specialistici dell’IDM a nuove linee MDD e non è facile districarsi. Oltrechè indicare il reparto o le porzioni di lineare i retailer farebbero bene a dare ulteriori informazioni in modo chiaro.
 
Le tipologia di intolleranze
Le intolleranze fino a un decennio fa erano praticamente suggestioni dei social o raccomandazioni dei medi sul lattosio e il glutine. Poi sono diventate patrimonio comune dei consumatori e si sono moltiplicate e segmentate e in moltissimi prodotti sono ben visibili. Qui siamo a buon punto, se non altro basta guardare il pack e l’intolleranza segnalata.
 
La naturalità
Un tempo bastava scrivere “prodotto naturale”, poi l’esplosione dei prorotti locali ha sovrastato il concetto di naturalità sostituito da locale, sia nei freschi sia nei secchi. Che i prodotti locali abbiano produzioni più ridotte è fuori di dubbio, che si sgancino dai modelli di massificazione, forse è vero. M non basta dire che un prodotto locale è più naturale di uno industriale, anche se il sentiment del consumatore va in quella direzione. Ci vogliono più informazioni, maggior dettaglio.
 
Poi sono arrivati i prodotti biologici, chiamati familiarmente bio. Purtroppo bisogna rilevare che diverse volte il certificatore ha un interesse preciso a far passare la certificazioni biologica di un prodotto. Bisognerebbe fare una lunga riflessione a questo proposito, soprattutto in un mercato che sta esplodendo, sia interno, sia internazionale. Oltre alle certificazioni e ai bollini conseguenti qui servono davvero informazioni rigorose e ultimative, a salvaguardia dei mercati di biologico.
 
La convenience
Difficile fare una carta di identità vera e propria di questo capitolo che riguarda la praticità, la comodità e la funzionalità dei prodotti. I termini utilizzati nella comunicazioni pubblicitaria, nella comunicazione di servizio sono per lo più soggettivi e punti di vista di chi li sta promulgando. Eppure la convenience ha in sé del buono che può portare a segmentare e a produrre vantaggi competitivi. Serve più rigore e meno fantasia.

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