Contrattazione IDM-GD: cosa pensa l’Antitrust
Settembre 2013. L’Antitrust, nel documento agostano, parla dei problemi della contrattazione GD-IDM.
Gli elementi di problematicità della contrattazione
378. Secondo quanto rappresentato dalle principali associazioni di categoria dei fornitori, nonché dagli stessi fornitori, le relazioni contrattuali sopra descritte consentirebbero alle catene della GDO di imporre a talune categorie di produttori pratiche e condizioni fortemente penalizzanti per i produttori stessi, idonee ad impedirne un profittevole ed efficiente svolgimento dell’attività imprenditoriale.
Qui di seguito si tenterà di sintetizzare i principali elementi di insoddisfazione lamentati, i quali sono stati fatti oggetto di una specifica rilevazione campionaria (descritta nel capitolo successivo della presente indagine), proprio al fine di approfondirne e documentarne l’effettiva portata ed estensione.
379. In primo luogo le catene, sia singolarmente che attraverso le Centrali d’Acquisto, adotterebbero un sistema di contrattazione che consentirebbe loro di accumulare, oltre al margine abituale rappresentato dalla differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto, un “secondo margine” costituito dalla vendita di servizi commerciali e promozionali alle imprese fornitrici. Tale c.d. “secondo margine” avrebbe acquisito crescente importanza nel tempo, sino a diventare preponderante rispetto al primo, trasformando le Centrali di Acquisto, di fatto, in “Centrali di Vendita”, ossia in operatori attivi a tutti gli effetti anche dal lato dell’offerta.
380. Nella trattativa relativa alla vendita dei servizi promozionali, i distributori adotterebbero i seguenti comportamenti vessatori e/o “abusivi”:
i) l’acquisto dei prodotti verrebbe di fatto condizionato alla vendita del pacchetto di servizi, comportando di fatto un obbligo per il fornitore di remunerare una serie di prestazioni non sempre richieste e non sempre effettivamente erogate;
ii) il prezzo imposto per il pacchetto di servizi “venduti” non dipenderebbe dalle caratteristiche del prodotto e delle consegne, bensì dal potere economico dell’impresa: esso risulterebbe quindi inferiore per le imprese multinazionali e i grandi fornitori nazionali rispetto alle imprese di dimensione medio-piccola, comportando un’ingiustificata discriminazione tra le imprese fornitrici;
iii) le maggiori entrate ottenute dalle catene distributive grazie all’imposizione della vendita del pacchetto sopra descritto non produrrebbero benefici al consumatore in termini di riduzione del prezzo finale di vendita, essendo anche formalmente escluse dal computo dei costi di acquisto: essere verrebbero invece utilizzate per finanziare la crescita delle catene distributive e/o per remunerare il loro specifico rischio di impresa;
iv) le richieste di contribuzione verrebbero effettuate dalle catene anche in modo retroattivo, comportando quindi una modifica unilaterale delle condizioni generali di acquisto già trattate e impedendo all’impresa una corretta programmazione economica delle proprie attività;
v) non vi sarebbe corrispondenza tra gli importi richiesti e le controprestazioni fornite, risultando peraltro tale verifica non sempre agevole per un piccolo produttore.
381. Un’ulteriore difficoltà lamentata dai produttori è quella della crescente importanza e diffusione delle supercentrali d’acquisto, che comporterebbe i seguenti ulteriori svantaggi per i produttori:
– un incremento del grado di concentrazione, e quindi del potere contrattuale, delle
catene, sia come acquirenti dei prodotti che come offerenti di servizi distributivi;
– una progressiva uniformazione delle strategie commerciali delle diverse centrali,
anche in considerazione dei frequenti passaggi delle catene da una centrale all’altra;
– una conseguente riduzione delle potenziali alternative per i produttori, in caso di
“delisting” o di mancato raggiungimento di un accordo, essendo la stragrande maggioranza dei distributori socia di una supercentrale;
– uno scollamento tra il soggetto incaricato di effettuare le trattative, anche sui servizi di vendita, e i soggetti che dovranno concretamente acquistare e vendere i prodotti, erogando quindi anche i servizi promozionali e distributivi trattati. Ciò determinerebbe una maggiore difficoltà ad ottenere, da tutte le imprese partecipanti alla supercentrale, controprestazioni di servizi effettivamente adeguati ai corrispettivi definiti, oltre che un incremento dei tempi e della complessità della contrattazione.
Il commento di RetailWatch. Premesso che tutte le operazioni che non ottemperano alla legislazione in vigore vanno sanzionate, rimane il fatto che la contrattazione dovrebbe essere un atto fra privati, dove ognuno guarda ai suoi interessi e cerca di trarre il massimo di profitto dalla trattativa stessa. Arrivare a un ente terzo che certifichi e sanzioni questi comportamenti riduce di fatto il concetto stesso di libero mercato a un concentrato di regole che con il libro mercato hanno poco a che vedere. Nella sua analisi l’Antitrust dovrebbe distinguere fra grandi, medie e piccole aziende, sia della GD sia dell’IDM: ognuna di queste ha un modo e una filosofia comportamentale, nonché una forza contrattuale, differente. Unire tutto in un solo concetto, in un solo soggetto riduce l’ampio lavoro effettuato dall’Antitrust.