È tempo di razionalizzare le reti?

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Molti piccoli negozi vanno in sofferenza finanziaria o chiudono a causa del mutamento dello scenario di mercato. Analizziamo un caso romano per capire quali sono le criticità che queste strutture si ritrovano ad affrontare spesso e malvolentieri.

Su RetailWatch e anche nel mondo del web, in particolare all’interno del social network LinkedIn, si è parlato spesso di razionalizzazione delle reti, ovvero della chiusura di punti vendita poco performanti che concede ai supermercati “superstiti” di incrementare le proprie vendite e raggiungere un livello di profitto migliore rispetto al passato.

Nell’articolo “Fuori Decò, dentro EuroSpin: cambio di casacca nella Capitale” abbiamo anche parlato di come alcuni imprenditori affiliati, proprietari di più supermercati, decidano di trasformare qualcuno di questi in discount laddove i bacini d’utenza risultino ormai saturi di format I+S+LSP.

C’è però un ulteriore fenomeno, ovvero quello di negozi i quali, nonostante cambino insegna e format, non riescono comunque a sopravvivere perché inseriti in contesti dove l’offerta retail alimentare, nel suo complesso, è troppo abbondante rispetto alla domanda del bacino pedonale.

Il caso del supermercato di Roma, via Tabarrini

Il supermercato in foto, sito in Roma, via Tabarrini, prima di abbassare le serrande definitivamente ha battuto varie insegne, passando da Todis a Sigma e infine, a Decò. Per diversi mesi è stato chiuso al pubblico e, recentemente, hanno iniziato a farvi dei lavori edili all’interno. Chiedendo al personale presente in loco, però, ci hanno comunicato che la prossima destinazione del locale non sarà di natura commerciale.

La zona in cui operava il negozio ormai chiuso è commercialmente cambiata molto negli ultimi anni ma allo stato attuale risulta satura di format di prossimità. A centocinquanta metri dall’ex Decò troviamo, ad esempio, un Conad di circa 1.000 mq, dotato di ampio parcheggio. Superando il Conad, vediamo poi un Carrefour Market, di metratura comunque superiore rispetto a quella del locale di cui sopra.

Con qualche minuto di camminata possiamo inoltre raggiungere un negozio Castoro (GROS) che l’azienda ha rilevato da Simply, un Pam Local, un Metà, un punto Tigre e, spingendoci un po’ oltre ma, comunque, sempre all’interno dei 10/12 minuti a piedi, ci imbattiamo anche in un Pewex (GROS).

È chiaro, dunque, che sviluppare fatturato per una piccola metratura come quella in questione diventa sempre più complesso laddove la concorrenza è molta ed ha negozi tendenzialmente più grandi.

Il “mito” della piccola prossimità

Per anni si è detto che, con l’invecchiamento della popolazione, si sarebbero ridotti i consumi ed accorciate le distanze. In altre parole, i clienti avrebbero preferito fare la spesa in negozi più piccoli ma vicini a casa. Per tale motivo hanno proliferato format di estrema prossimità (<400 mq) come Carrefour Express, InCoop, Despar Express, Pam Local, Tigre, Decò Market, LaEsse e molti altri.

Aprire questo tipo di negozi, spesso in affiliazione, è semplice e veloce rispetto ad altre strutture più grandi che hanno invece bisogno di spazio, ampio parcheggio e investimenti onerosi. Oggi però, molti piccoli supermercati si trovano in difficoltà nel momento in cui si palesano alcune criticità, ad esempio:

  • Nella stessa zona apre una struttura di “prossimità qualificata”, ovvero quei negozi di 800/1.500 mq che, inseriti nelle maglie cittadine, offrono un assortimento più ampio e profondo, magari anche ad un prezzo migliore.
  • Con il calo della popolazione nei piccoli paesi (<4.000 abitanti) i bacini d’utenza si impoveriscono ed i fatturati della piccola prossimità locale decrescono. Solitamente, in questi casi, laddove tali supermercati chiudano, la popolazione tende a spostarsi in macchina per fare acquisti in strutture più grandi che attraggono clienti da vari comuni limitrofi.
  • Si fallisce nel costruire una caratterizzazione forte nell’offerta commerciale che punti a dare al negozio un vantaggio competitivo anche in un solo ambito che può essere, ad esempio, il punto caldo (piatti ready to eat e ready to heat) di cui abbiamo spesso scritto.

Il numero di location dove innestare una piccola superette di successo, grazie alla saturazione di mercato ed al decremento demografico, tra le altre cose, cala drasticamente. È per questo che Esselunga, per citare un best performer, è cauta nello sviluppo di tali metrature, preferendo comunque aprirne in zone densamente popolate, su strade ad alto scorrimento pedonale.

Per lo stesso motivo, molti retailer, discount inclusi, puntano proprio sulla prossimità qualificata (800/1.500 mq) o sul cluster più grande (1.500/2.500 mq) come volano di sviluppo. Lo abbiamo visto nel caso di Lidl che sta ultimando la riqualificazione di alcuni suoi negozi, in Megamark che scommette sempre più sui super store ad insegna Famila e, in Campania, sui Sole365 o ancora in Apulia Distribuzione che, recentemente, ha inaugurato un punto vendita da 1.200 mq in via Fanelli a Bari.

Non è un caso se citiamo insegne dell’Area 4 perché tale macro regione vede un ottimo sviluppo della grande prossimità nonostante sia storicamente molto esposta sulle piccolissime metrature.

Quali prospettive?

Le superfici ridotte e commercialmente vulnerabili continueranno, con ogni probabilità, ad andare in sofferenza e, in alcuni casi, a chiudere. Per quelle superette che vedono sì una riduzione nella cifra d’affari ma, comunque, contenuta e non critica, conviene affidarsi a franchisor che garantiscano buona competitività nei prezzi al pubblico, grazie ad ottime condizioni di acquisto le quali consentano anche una maggiore profittabilità all’atto della chiusura dei bilanci.

Sicuramente, in un mondo dove la concorrenza è diventata onnipresente e che, quindi, approccia la saturazione, i tempi in cui i Cedi affilianti potevano lucrare molto sull’estrema prossimità stanno volgendo al termine.

I franchisor che sapranno mettere a terra una strategia win-win per affiliante ed affiliato in tale perimetro, trasferendo anche le competenze necessarie ad ottenere un vantaggio competitivo reale sul mercato, avranno invece l’occasione di prosperare.

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