Finanza+Industria+Retail: un’equazione ancora da risolvere

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In Italia le PMI hanno un livello qualitativo invidiabile ma per competere nel contesto globale serve aumentare la dimensione delle imprese con il supporto di un mondo finanziario sempre alla ricerca di opportunità. Cosa emerge dal Forum Economia & Società 2025 di Roma?

Lo scorso 15 ottobre la redazione di RetailWatch ha assistito al Forum Enpaia 2025-Economia & Società nella gradevole cornice di Villa Aurelia, a Roma. L’obiettivo, tra gli altri, era quello di parlare delle sfide del Made in Italy nel contesto politico economico odierno.

Nell’elenco degli intervenuti, troviamo Carlo Cottarelli, Direttore Osservatorio conti pubblici italiani dell’Università Cattolica, Nicola Maione, Presidente Monte dei Paschi di Siena, Agostino Scornajenchi, AD di Snam, Maurizio Tamagnini, AD di FSI, Angelo Mastrolia, Presidente di NewPrinces Group, Lorenzo Guerini, Presidente del Copasir e Giampiero Massolo, Presidente di Mundys.

Il quadro in cui si opera

Carlo Cottarelli ricorda che l’economia italiana, specie negli ultimi anni, nonostante gli shock globali derivati prima dal Covid19 e poi dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente, ha presentato un ritmo di crescita costante. Nell’ambito del Sud Europa però, cresciamo meno della Spagna, ad esempio, a causa di fenomeni ormai ben definiti:

  • Tassazione: l’aliquota nostrana, pari a circa il 42.8%, è ben più alta di quella applicata in Spagna, ovvero il 37% circa. Come noto, la riduzione della pressione fiscale, in un ecosistema già gravato da pesanti costi operativi, è un punto cruciale da smarcare per consentire alle imprese di proliferare.
  • Burocrazia & lentezza della giustizia. In Spagna, mediamente, i processi civili utili per risolvere le problematiche legate alla normale attività delle imprese, durano la metà di quelli italiani.
  • Costo dell’energia. La Spagna opera bene con nucleare e rinnovabili, riuscendo ad abbattere i costi energetici i quali, quindi, diventano più competitivi rispetto a quelli sostenuti dalle aziende della Penisola.
  • Flussi migratori regolari. Lo Stato iberico ha la possibilità di attrarre immigrati in modo regolare da parti del mondo (es. America Latina) che hanno la medesima lingua e cultura dei propri cittadini. Tale fenomeno attenua l’impatto economico generato dal calo delle nascite. In Italia, invece, l’integrazione dei nuovi residenti risulta assolutamente più difficile.

Sui primi tre punti dell’elenco l’Italia può sicuramente lavorare al fine di semplificare la vita delle imprese le quali, ad oggi, si ritrovano a dover gestire costi elevati che le rendono meno competitive rispetto ad alcune concorrenti europee.

Serve più finanza nel food?

Il Presidente di MPS ci illustra come l’economia di un Paese di successo abbia sempre bisogno delle produzioni industriali che, a loro volta, devono essere sostenute da un forte sistema bancario. Anche il venture capital, il private equity e le quotazioni in borsa sono fondamentali per incrementare la dimensione delle aziende e favorire l’aggregazione tra imprese.

Maurizio Tamagnini, AD di FSI, società di gestione di fondi di capitale per la crescita con oltre 3 miliardi di asset under management ricorda che per il Paese il tema dimensionale è prioritario. Nella Penisola “ci sono gradi aziende per l’Italia, medie per l’Europa ma piccole per il mondo“. Siamo infatti leader in moltissimi settori, se ci limitiamo al perimetro delle PMI ma, appena guardiamo ai player sopra il miliardo di fatturato, a livello mondiale di fatto usciamo dai radar.

È necessario, quindi, offrire agli investitori esteri che scommettono sull’Italia delle opportunità d’investimento che si orientino su aziende in grado di diventare davvero grandi. Ci sono però due scogli:

  • Tema imprenditoriale: in Italia gli imprenditori spesso non sono disposti a far entrare operatori finanziari nella compagine sociale, anche se ciò risulta utile al fine di internazionalizzare maggiormente l’impresa.
  • Carenza di imprese young: su 100 giovani, solo 2 vogliono fare impresa. Il dato è addirittura peggiorativo se lo limitiamo al perimetro femminile. Esiste poi una forte emigrazione giovanile che, negli ultimi 13 anni ha portato fuori dall’Italia oltre 550.000 ragazzi e ragazze.

Se il discorso delle imprese giovani riguarda soprattutto il futuro, quello dell’ingresso di fondi d’investimento all’interno del mondo del food è, invece, molto attuale.

Quali prospettive per i prossimi anni?

Spostiamoci per un momento al di là dell’Atlantico, nel panorama a stelle e strisce. Qui, i fondatori avviano le società, le portano ad un buon livello di fatturato e, ad un certo punto, tendenzialmente le quotano in borsa. È così che entrano in gioco i piccoli investitori, i fondi istituzionali, i risparmiatori e, più in generale, tutti quei soggetti i quali cercano opportunità per far rendere il proprio denaro.

I fondatori, una volta avvenuto lo sbarco in borsa, trattengono magari una quota minoritaria dell’azienda, spesso detenendo azioni preferenziali che gli garantiscano una presa sulla gestione operativa. In tale contesto, crescere è obbligatorio per far fruttare l’investimento di migliaia di azionisti.

In Italia, invece, spesso le quote societarie sono in mano a singoli imprenditori o famiglie che non fanno entrare altri investitori in partita. Questo fenomeno porta le imprese a rimanere piccole anche perché, una volta soddisfatte le esigenze economiche dei fondatori, a parte rari casi, non c’è particolare necessità di crescere in modo continuativo.

Certamente, non tutti i fondi, acquisendo partecipazioni nelle aziende, riescono nell’intento di far crescere fatturato e redditività. Anzi, può succedere che laddove l’investitore finanziario non comprenda alcune dinamiche tipiche del business sul quale sta puntando, possa addirittura generare un peggioramento delle performance dell’impresa target. È anche per tale motivo che molti imprenditori non intendono cedere a questi operatori parte della propria società.

Competere a livello globale però richiede imprese grandi, capaci di investire in ricerca e sviluppo ed attaccare nuovi mercati internazionali in modo efficiente, in termini di forza vendita, marketing ed impianti produttivi, tra l’altro.

Per questo l’apertura al mondo finanziario, da parte degli imprenditori di retail e industria, oggi è assolutamente auspicabile, così come sono da incentivare le quotazioni in borsa, utili per recuperare capitale da investire nel futuro aziendale e diventare appetibili per i grandi gruppi d’investimento internazionali.

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