Il Cami si schiera a favore dei consumatori contro le decisioni UE

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Il Consorzio Maestri Affumicatori Italiani, in nome della qualità e a tutela dei consumatori di prodotti ittici, si oppone alla sentenza UE che consente di vendere come fresco il pesce lavorato a bassissime temperature.

Cos’è successo?

Come riportano varie testate giornalistiche, tra le quali troviamo European Food Agency News, il Tribunale dell’Unione Europea ha cancellato la norma sullo stiffening, ovvero il congelamento a basse temperature.

Dal maggio 2024, tale normativa poneva l’obbligo, per i produttori, di dichiarare chiaramente in etichetta se il pesce veniva lavorato con la tecnica in questione. La legge, giusta nella sua concezione, impediva quindi di commercializzare i prodotti trattati a determinate temperature come se fossero freschi, garantendo una forte tutela per i consumatori.

Il ribaltamento della direttiva, ottenuto “su pressione di grandi gruppi industriali del Nord Europa”, secondo il Consorzio CAMI “rappresenta un grave passo indietro sul fronte della trasparenza alimentare”.

Il CAMI, presieduto da Gianpaolo Ghilardotti, riunisce imprese che lavorano più di 10.000 tonnellate di pesce all’anno e che hanno l’obiettivo di garantire standard qualitativi molto elevati. Tali aziende, nel 2024, hanno generato un volume d’affari superiore ai 120 milioni di euro.

Di una delle imprese socie abbiamo, tra l’altro, già parlato su RetailWatch negli articoli “Salmone affumicato e salmone fresco: come riconoscere la qualità nella GDO” e “Il Gruppo Mancuso fra le eccellenze italiane protagoniste della missione di Intesa Sanpaolo a Dubai“. Si tratta del gruppo siciliano dei fratelli Antonio, Salvatore e Rosario Mancuso.

Il Consorzio, considerando il tema prioritario e urgente, invita le istituzioni a riaprire quanto prima il confronto normativo perché sulla trasparenza dell’informazione nei confronti di consumatore e clienti retail non ci devono essere compromessi.

Il potenziale motivo delle “pressioni” per la cancellazione della norma

Lavorare il pesce portandolo a temperature di congelamento comprese tra i -7 ed i -14 gradi senza doverlo dichiarare in etichetta, per chi tratta enormi quantitativi di prodotto, può rappresentare un’opportunità sia di marketing, visto che è possibile vendere il prodotto come se fosse fresco, sia relativamente al controllo dei prezzi.

Quest’ultimo punto è fondamentale perché, solitamente, quando in alcuni periodi dell’anno c’è abbondanza di prodotto, l’unica chance che hanno le industrie di vendere tutto il proprio stock è quella di abbatterne il prezzo verso i clienti.

Approfittando della legislazione favorevole, invece, adesso alcune imprese potrebbero immagazzinare grandi volumi di pesce congelato durante la lavorazione per ridurne momentaneamente la quantità disponibile e farne lievitare il prezzo, incrementando al contempo i propri margini di profitto.

A vincere dovrebbe sempre essere il consumatore

La battaglia sullo stiffening si configura come la mitica lotta di Davide contro Golia dove il primo, in questo caso, viene rappresentano dalle aziende incentrate su alti standard qualitativi e trasparenza in etichetta mentre il scendo da un’Europa estremamente burocratica che rischia di tutelare chi, senza operare a favore dei consumatori, ha invece interesse ad effettuare speculazioni su qualità e prezzo.

In RetailWatch monitoreremo con interesse gli sviluppi della faccenda per verificare se le richieste del Consorzio CAMI, il quale ha già ottenuto in passato eccezionali risultati in ambito istituzionale, verranno accolte dagli enti preposti italiani ed europei in nome della tutela del cliente finale.

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