Il ristorante nel supermercato. O viceversa. Si può fare?

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Il ristorante nel supermercato. O viceversa. Si può fare?

Marzo 2016. Alcune insegne della gdo hanno aperto nei loro punti di vendita il ristorante per dare un servizio in più ai loro clienti, aumentare le vendite e il grado di fedeltà.
 
Un unico inciso sulla sperimentazione del supermercato nel punto di vendita: quando Whole Foods aprì nel 2007 a Londra il flagship londinese, lo scopo dell’area ristoranti (tranne il chiosco del sushi e delle specialità giapponesi) era quello di allungare il ciclo di vita dei prodotti (soprattutto dei freschi) in vendita nel supermercato. I cibi in scadenza passano tuttora dai lineari di vendita al ristorante che li cucina.
Non ci risulta che le catene che citiamo in questo articolo siano partiti da questo assunto e da questo business model, soprattutto oggi che si parla di lotta allo spreco e GS1 Italy parla a nome di tutti di valorizzazione della filiera anche a proposito di spreco. È un’occasione, a giudizio di RetailWatch, da prendere in considerazione.
 
Per le informazioni che seguono abbiamo preso in considerazione:
. Conad Ipermercato di Longiano-Perugia e Conad Sapori&Dintorni di Napoli (che ha al suo interno la scuola di cucina dello stellato Nico Romito)
. Il laboratorio del gusto di UniCoopFirenze a Firenze-Novoli
. FiorFood di NovaCoop a Torino
. Eataly Smeraldo a Milano
. Esselunga, vari esercizi
. Iper Portello, Milano
. Carrefour a Carugate (Mi)
. Tigros Buon Gusto, Sobiate Arno (Va)
 
. Il brand
Soltanto Carrefour ha utilizzato il brand alto di gamma (Terre d’Italia) per nominare il suo ristorante, con benefìci indubbi nella comunicazione e nel ricordo di marca. Le altre insegne del panel o non hanno potuto (Conad Sapori&Dintorni per la presenza di Nico Romito) o hanno lasciato il nome dell’insegna, pensando il ristorante nel branding come a una sorta di reparto del supermercato.
Esselunga brandizza l’area del bar e del self service Atlantic (forse poteva sfruttare Fidaty? Forse era meglio Esselunga con un suffisso?)
 
. Il mix di fatturato
L’introduzione del ristorante ha portato a un nuovo mix di fatturato, in alcuni casi il ristorante diventa maggioritario sia nelle vendite sia nella marginalità. Ricordiamo che Eataly in Italia il rapporto mercato-ristorazione è 50-50%, all’estero 70-30% per la difficoltà di portare all’estero buona parte dell’assortimento di prodotti che c’è in Italia.
 
. L’assortimento del mercato adiacente al ristorante
Nel FiorFood di NovaCoop il 50% dell’assortimento è incentrato sulla MDD di Coop, le altre referenze non MDD sono presenti per garantire agli acquirenti una spesa completa. Carrefour che pur ha brandizzato il ristorante Terre d’Italia non ha realizzato vicino a quest’area un corner con tutto l’assortimento del brand. Eppure non dovrebbe essere difficile: nelle librerie uno stesso titolo si trova in più aree tematiche con esposizioni a volte molto differenti fra di loro, ma con un filo rosso comune: il brand e il prodotto.
Nell’enoteca-ristorante del Portello di Finiper i vini MDD sono valorizzati ma fino a un certo punto e se ne trovano pochi ( o si vedono poco) anche nel pdv.
 
. Il ristorante
Il servizio: nel FiorFood di NovaCoop è attivo un ristorante di livello (50-60 euro la spesa media) e un bistrot (15 euro, provato e molto conveniente nel rapporto valore/prezzo) organizzati dalla Credenza e i suoi chef stellati.
Come riferito Sapori&Dintorni si è affidata a Nico Romito (forse è un po’ distante dai consumi medi del supermercato?). E’ certo che questi ristoranti serviranno anche per capire/ampliare la cultura di ristorazione delle diverse insegne, ma i cuochi stellati rischiano di ridurre il valore dell’insegna da cui sono partiti e alla fine diventare gli unici catalizzatori e quindi dei boomerang per il pareggio del conto economico. Forse non conveniva affidarsi a bravi cuochi, onesti nel mestiere, senza le stelle? Ne avrebbe beneficiato anche le poste del conto economico.
Gli atri ristoranti citati assomigliano più a dei self service, con una logica di servizio piuttosto che luoghi dove inventare un business parallelo.
La vineria di Finiper del Portello, è intima. I tavoli sono utilizzati dai clienti anche per farsi dei panini e il bar-self service all’ingresso, con piatti preparati dai reparti dell’ipermercato) ha invece al livello sovrastante moltissime sedute.
Quello del Conad Ipermercato (brand fin troppo schietto e meccanico, forse si poteva fare meglio) è chiaramente un self service, basico fin che si vuole, ma almeno si sa con chi si ha a che fare, senza sorprese, la struttura delle attrezzature, fin la comunicazione evidenziano una tipologia precisa.
Buon Gusto di Tigros è una grande isola nel supermercato di Solbiate con al centro la cucina, i clienti mangiano affacciati. Interessante il menù e alcuni piatti come l’hamburger di scottona con patate rustiche a 8,90 euro, ma più interessante ancora è l’orario che si protrae fino alle 21. Il mercato è a portata di mano.
 
. Lo scontrino medio
Difficile scorgere un tratto comune perché le offerte sono diversissime fra loro e quindi di conseguenza lo è anche lo scontrino medio che passa dai 9 ai 55 euro (la Credenza FiorFood). Abbiamo assaggiato alcuni piatti al di là dei primi giorni di apertura e dopo le presentazioni alla stampa, che sono sempre ingannevoli per parlare di rapporto qualità (valore?)-prezzo. Da clienti ordinari possiamo dire che i piatti non sono sempre con la stessa qualità. Anzi.
 
. Ma si può fare il ristorante nel supermercato (o il mercato nel ristorante)?
Ma, allora, si può fare il ristorante nel supermercato (o il mercato nel ristorante)? La risposta è certamente si, l’importante è che si capisca che poi il cliente ha esigenze precise. Ad esempio in inverno vorrebbe un porta-abiti dove sistemare il cappotto o normalmente vorrebbe una toilette e un lavandino senza fare code lunghe. Fare posto a un ristorante in un supermercato deve essere prima di tutto una filosofia perché stiamo parlando di due mestieri diversi. Chi ha una Scuola dei mestieri come Finiper sa bene che i criteri formativi sono altri, al di là dei camerieri (che anch’essi non possono essere improvvisati e molte volte provenienti dai paesi dell’est Europa per ridurre il costo del lavoro). Marco Brunelli ha voluto a tutti i costi una scuola di cucina nel suo Portello, sia per educare i clienti ai segreti della cucina sia per fare formazione. Forse sarebbe il caso che una scuola dei mestieri per la ristorazione fosse istituita anche per chi si cimenta ad aprire ristoranti. Così, tanto per capire che siamo di fronte a un mestiere differente.
 
E poi la superficie di vendita e di ristorazione. Bisogna scegliere e non volere ad ogni costo farci star di tutto: mangiare con un vicino che ti mette il gomito nel piatto non è proprio il massimo dell’experience.
 
Nel mese di gennaio abbiamo lanciato un sondaggio sui cambiamenti in atto nei supermercati e negli ipermercati. Volevamo vedere la rispondenza alle necessità di aprire un ristorante, di qualsivoglia natura, all’interno del punto di vendita.
 
Questi sono stati i risultati:
 
Il layout a pettine di supermercati e ipermercati
 
Il layout a pettine di supermercati e ipermercati è in linea con i cambiamenti di acquisto e di consumo?
Si, certo.
6%
No, bisogna ripensarlo a fondo
22%
No, bisognerebbe costruirlo ad isole, per aree esperienziali e di funzione
44%
No, oltre alle isole bisognerebbe inserire sempre un ristorante
28%
 
Non c’è ancora una cultura sufficiente a far posto al ristorante, dicono i risultati del sondaggio di RetailWatch. È un vero peccato perché in questo modo non si creano sinergie in canali paralleli e soprattutto non si cerca nuova marginalità e nuovo business.
 
Le case history che abbiamo analizzato in questo articolo spiegano comunque che è stato aperto un nuovo sentiero di sviluppo.

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