Imolesi-ANCD: vogliamo discutere del titolo V°

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Imolesi-ANCD: vogliamo discutere del titolo V°

Febbraio 2014. Ancd Conad, l’Associazione nazionale cooperative fra dettaglianti che assiste e tutela le imprese cooperative operanti nel settore della distribuzione commerciale, ha presentato la IX edizione del Rapporto sulla legislazione commerciale.
Per offrire un contributo alla riflessione sul ruolo e la funzione del commercio, Ancd Conad si è fatta promotrice della tavola rotonda “Problemi e prospettive del commercio in Italia a 10 anni dalla modifica del titolo V della Costituzione”, che ha fatto seguito alla presentazione del Rapporto da parte di Piero Cardile, responsabile legislazione e ufficio studi Ancd Conad.
Alla tavola rotonda sono intervenuti Ivano Ferrarini, direttore generale Conad Centro Nord; Anna Argentati, direttore aggiunto direzione Studi e analisi della legislazione, Autorità garante della concorrenza e del mercato; Sergio Imolesi, segretario generale Ancd Conad; Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà; Angelo Ciocca, presidente IV Commissione Attività produttive e occupazione Regione Lombardia, coordinati da Roberto Ravazzoni, professore ordinario all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

Lo scenario è quello della crisi economica più grave dal dopoguerra ad oggi, con pesanti effetti sui consumi, sulle imprese e sull’occupazione. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale del commercio, istituito presso il ministero dello Sviluppo economico, a fine 2012 (ultimi dati disponibili) erano 766.821 gli esercizi commerciali in attività, 9.334 in meno rispetto all’anno precedente, diminuzione distribuita in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale. Invariata la distribuzione territoriale, con una presenza di punti di vendita nel Meridione attestata al 42,1 per cento. Ipermercati, supermercati, libero servizio e discount sono 28.904 (fonte: Guida Nielsen Largo Consumo), ripartiti in modo equo sul territorio nazionale, anche in questo caso con una prevalenza nelle regioni meridionali (10.180 punti di vendita, 35,2 per cento).
Nel corso del 2013 l’alimentare ha iniziato a recuperare volumi, con una tendenza ad “investire” su ciò che è fondamentale per vivere, ma la crescita non trascina altri bisogni ritenuti non altrettanto fondamentali. Per ciò che riguarda la grande distribuzione, le prime stime 2013 individuano un nuovo calo del numero di punti di vendita in attività, passati dai 29.366 del 2011 ai 28.496 del 2013. Inoltre l’anno scorso 8.512 negozi hanno cambiato insegna.

Le Regioni peggiorano la Bersani
Da almeno dieci anni, le normative regionali non solo non registrano cambiamenti che aprano ad una reale concorrenza e siano di incentivo allo sviluppo del settore, ma prevedono addirittura un peggioramento rispetto alla legge Bersani. Per questo Ancd chiede che nel dibattito sulla riforma del Titolo V si introduca anche il commercio, oltre a energia e turismo.
“E’ doveroso interrogarsi sugli effetti che certe scelte in campo legislativo possono produrre nel sistema economico del Paese – fa notare il segretario generale di Ancd Conad Sergio Imolesi – e sperare che il governo e i partiti sappiano mettere a punto le risposte più adeguate alle necessità di questo difficile periodo e, più in generale, ad un quadro economico nazionale e internazionale che è cambiato in modo radicale”.

Il Paese ha bisogno di riforme strutturali che incidano a fondo sulla finanza pubblica e sull’organizzazione dello Stato; un compito cruciale a cui sono chiamati il governo centrale e quelli locali. Lo sviluppo è frenato da tanti, troppi settori che operano in un regime protetto con inefficienze sui prezzi e sulla qualità dei servizi a danno dei cittadini.
Il Rapporto annuale sulla legislazione commerciale è una prima analisi sugli effetti derivanti dalla riforma del Titolo V della Costituzione che, a dodici anni dalla precedente revisione (legge costituzionale 18 ottobre 2001) ha attribuito alle Regioni alcune competenze in determinati settori economici, tra cui il commercio. Ma presenta anche alcune proposte rivolte al legislatore, proposte che spaziano dal contrastare programmazioni che selezionino l’offerta alla eliminazione dei vincoli nei nuovi mercati di interesse per la distribuzione commerciale, dalla necessità di una normativa settoriale uniforme in tutto il Paese alla revisione del ruolo e delle funzioni di Comuni e Province. Ma anche proposte per ripristinare le soglie dimensionali dei punti di vendita (definite dalla riforma Bersani) e semplificare le procedure che autorizzano l’insediamento di medie e grandi strutture della moderna distribuzione.

Imolesi: semplificare, semplificare, semplificare
“Raggiungere tali obiettivi – puntualizza Imolesi – permetterebbe al Paese di innovare e migliorare la propria efficienza, condizioni indispensabili anche per la modernizzazione e la crescita del commercio”.

Ecco le conclusioni del Rapporto ANCD:

1) contrastare  programmazioni che direttamente o indirettamente selezionino l’offerta
È necessario che le autorità locali, nel rispetto delle sole norme in mate¬ria di tutela della sicurezza, dell’ambiente, e più complessivamente dei motivi imperativi di interesse generale, attuino politiche di sviluppo e di attrazione degli investimenti. La lunga stagione recessiva che stiamo vivendo e che pre¬sumibilmente ci accompagnerà ancora per diverso tempo, non consente al le¬gislatore competente di rallentare o limitare la ripresa economica.

2) eliminare barriere e vincoli nei nuovi mercati di interesse per la distribuzione commerciale
L’ingresso della distribuzione commerciale nei nuovi mercati è stato con-trassegnato da enormi difficoltà derivanti dalla presenza di barriere e vincoli all’insediamento. I casi più emblematici sono quelli relativi al settore distri¬butivo carburanti, al settore della distribuzione dei farmaci e alla vendita della stampa quotidiana e periodica.

3)  perseguire l’obiettivo di una normativa settoriale sostanzialmente uniforme nelle diverse aree del Paese
La continua evoluzione del mercato interno dell’Unione europea e il sem-pre più penetrante sviluppo dei mercati internazionali richiedono un insieme di regole uniformi e chiare per attrarre investimenti in Italia e mettere in con¬dizione gli operatori presenti di poter programmare il loro sviluppo nell’am¬bito di un quadro certo di regole.

4) rivedere ruolo e funzioni dei comuni e delle provincie
Se il ruolo del legislatore regio¬nale risulta essenziale nella definizione di un quadro normativo idoneo al rag¬giungimento di un mercato moderno e concorrenziale, altrettanto importante risulta la funzione di comuni e province.  In particolare va segnalato come assai di frequente l’attività di questi enti, che hanno rilevanti attribuzioni nella definizione dei piani urbanistici, costitu¬isca ulteriore elemento di freno allo sviluppo e di complicazioni burocratiche per le imprese.

5) Ripristinare le soglie dimensionali dei punti vendita definite dalla riforma Bersani del 1998
Vanno eliminate tutte le diverse articolazioni dimensionali fissate dai legi-slatori regionali rispetto a quelle stabilite dalla Bersani (114/1998). Occorre evidenziare come tutte le organizzazioni del commercio, da quelle più tradi¬zionali a quelle che rappresentano le imprese della distribuzione moderna, riconoscono la validità, ancora oggi delle norme fissate dalla riforma del com¬mercio. Si ripristinino, quindi, i valori a suo tempo indicati dal D.Lgs 114/1998: fino a 150 e 250 mq per gli esercizi di vicinato (nei comuni rispettivamente con popolazione inferiore e superiore a 10.000 abitanti), 1.500 e 2.500 mq per le medie strutture, soglie dimensionali superiori per le grandi strutture di ven¬dita.

6) Procedere con celerità alla semplificazione delle procedure autorizzative
Non di rado i progetti per l’insediamento di medie-grandi strutture si realizzano dopo un eccessivo numero di anni a causa delle lente procedure autorizzative. Questo comporta che, assai di frequente, i format realizzati do¬po questo arco di tempo, risultano di fatto già obsoleti rispetto alle esigenze di un mercato che cambia in tempi molto più rapidi. Inoltre le esperienze colle¬gate alla DIA e poi alla SCIA non hanno portato al raggiungimento di obiet¬tivi significativi. Questo dipende anche dal fatto che tali strumenti, di per sé nemmeno troppo agevoli da applicare, sono stati pensati esclusivamente per gli esercizi di vicinato e non anche per le strutture di medie dimensioni che, a nostro parere, non impattano sugli elementi strettamente connessi a motivi imperativi di interesse generale.

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