Indicod-Ecr: le tendenze nei prossimi 10 anni. Ragioniamoci
Tanto per le singole imprese, quanto per il settore nel suo complesso, la chiave del successo sarà nella capacità di adattarsi a cambiamenti rapidi e significativi, attuando strategie puntali e tattiche efficaci.
In particolare, sono stati identificati da Indicod-Ecr dodici trend globali di base, che comportano un cambiamento nella società, nel comportamento dei consumatori, nell’ambiente e nella tecnologia.
1. La maggiore urbanizzazione e l’emergere di megalopoli influirà su molti fattori, tra cui dimensioni dei punti vendita, logistica, supply chain e infrastrutture di distribuzione
2. L’invecchiamento della popolazione avrà conseguenze economiche e politiche, correlate all’aumento della spesa per beni quali prodotti alimentari e bevande, nonché sul tipo di servizio di consegna, sul formato e sull’ubicazione dei punti vendita.
3. La maggiore diffusione della ricchezza favorirà l’emergere di una classe media nelle regioni in via di sviluppo, con conseguenze sui consumi e sulla disponibilità di prodotti alimentari e un’ulteriore opportunità di crescita per produttori e distributori.
4. L’impatto crescente della tecnologia consumer si rifletterà non solo sul comportamento degli stessi consumatori, bensì anche sulla loro capacità di influire sul comportamento di acquisto di altri consumatori, mentre l’utilizzo di social media e mezzi digitali va diffondendosi.
5. L’aumento della domanda di servizi consumer definirà nuovi modelli di servizio, offerti attraverso Internet, che andranno oltre la vendita di prodotti individuali e forniranno a consumatori e shopper “soluzioni” di diverso tipo.
6. La maggiore importanza di salute e benessere avrà significative ramificazioni, tanto che nei prossimi cinque anni ci si aspetta che la vendita di prodotti e servizi legati alla salute possa quadruplicare.
7. La crescente preoccupazione del consumatore in merito alla sostenibilità farà sì che i consumatori chiedano a governi e imprese di svolgere un ruolo di primo piano nella lotta contro i cambiamenti climatici.
8. Lo spostamento del potere economico verso paesi come la Cina avvierà un’evoluzione delle aree commerciali e farà emergere da questi mercati in via di sviluppo una nuova generazione di aziende in grado di competere a livello globale.
9. La scarsità delle risorse naturali, quali energia, acqua e cibo diventerà una questione di primo piano, e nei prossimi dieci anni la domanda sarà superiore alle forniture disponibili, decretando un aumento dei costi di produzione.
10. L’aumento della pressione normativa, soprattutto nelle aree più controverse, tra cui ambiente, sostenibilità e sicurezza alimentare.
11. La rapida adozione di competenze tecnologiche da parte della supply chain permetterà una maggiore armonizzazione della catena del valore, dandole maggiore visibilità e aumentando la tracciabilità.
12. L’impatto delle tecnologie IT di nuova generazione come il cloud computing, modificherà l’atteggiamento dell’industria del largo consumo nei confronti di business e tecnologia.
Se alcune di queste previsioni (e le relative conseguenze) appaiono scontate, su altre vale forse la pena di riflettere insieme.
Maggiore urbanizzazione. Nei prossimi 20 anni 300 milioni di Cinesi lasceranno le zone rurali per trasferirsi in città. Ma in Italia che cosa succederà? I dati di una ricerca realizzata recentemente dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza per il Corriere della Sera e pubblicata il 21 gennaio dicono che la maggior parte dei teenager milanesi giudica la propria città grigia, inquinata, troppo trafficata, costosa e insicura. Scarseggiano il verde, i luoghi di aggregazione, gli spazi attrezzati per fare e ascoltare musica, gli impianti sportivi e le piste ciclabili. Sette adolescenti su 10 affermano di vivere bene a Milano, ma solo 4 su 10 (4,3 tra gli studenti delle medie e 3,7 tra quelli delle superiori) vorrebbero rimanerci anche ‘da grandi’. E 7 su 100, potendo, se ne andrebbero subito. Da altri studi risulta che oggi un numero crescente di giovani, quasi tutti diplomati o laureati, contribuisce a far crescere e ‘svecchiare’ la popolazione delle campagne e dei centri minori, dove la qualità della vita sembra essere migliore. Sono preparati, istruiti e supertecnologici, si destreggiano abilmente tra agricoltura biologica, produzioni d’eccellenza e colture di nicchia. Di solito, preferiscono seguire tutto il processo produttivo dall’inizio alla fine, dalla semina al germoglio, dalla maturazione alla raccolta, fino alla vendita diretta alla distribuzione o al consumatore finale. Guidano aziende magari piccole, ma moderne ed efficienti: non sono più contadini figli di contadini, ma imprenditori agricoli. Decidono magari di valorizzare le terre ereditate dai nonni, ma cambiando le colture, riscoprendo i prodotti locali di qualità, elaborando preventivamente il loro business plan, utilizzando tecnologie e macchinari sofisticati. Usano il computer e il trattore a guida satellitare, pubblicizzano i loro prodotti sul web, dialogano con i clienti nei blog, coinvolgendoli in modo originale, talvolta perfino ludico: qualcuno ha inventato il gioco dell’’orto virtuale’, qualcun altro l’adozione ‘a distanza’ di pecore e mucche.
Invecchiamento della popolazione, maggiore importanza di salute e benessere. Ecco due tendenze che in futuro viaggeranno a braccetto. Se all’indomani dell’unità d’Italia la vita media raggiungeva a malapena i 40 anni, oggi quella delle donne è di 83, quella degli uomini di 77. Nel ‘900 gli over 75 rappresentavano il 6% della popolazione italiana, attualmente sono il 20% e nel 2050 arriveranno al 33%. Se l’invecchiamento, compagno biologico del tempo, è inevitabile, ora si sa che è possibile controllarne il ritmo, che questo processo, legato per un terzo a fattori genetici, dipende per i restanti due terzi da un corretto stile di vita: muoversi di più, mangiare meglio, evitare fumo e alcol, tenere in allenamento il cervello. L’età matura non si vive più come resa incondizionata agli acciacchi, alla pigrizia fisica e mentale, all’indifferenza, alle giornate senza orizzonti, al misurarsi cautamente con le proprie risorse fisiche e mentali. I segreti per invecchiare bene – dicono gli esperti, cioè medici, neurologi, geriatri e ricercatori – sono sostanzialmente tre: nutrirsi bene, ma con moderazione; fare attività fisica, ma senza esagerare; usare il cervello, senza paura di esagerare. I prodotti e i servizi che possono contribuire a soddisfare queste esigenze saranno dunque sempre più richiesti.
Maggiore diffusione della ricchezza. Mah! Sarebbe bello, ma purtroppo al momento la tendenza non sembra proprio essere questa… Una speranza…
Crescente preoccupazione del consumatore in merito alla sostenibilità.
Tonnellate di rifiuti, aria irrespirabile, inquinamento dilagante, fiumi avvelenati, ghiacciai che si sciolgono e barriere coralline che rischiano di scomparire, miliardi di sacchetti di plastica dispersi in ogni angolo del mondo … Lo slogan di David Brower, padre del moderno ambientalismo e della Federazione internazionale Amici della Terra – “Non ereditiamo la Terra dai nostri padri: la prendiamo in prestito dai nostri figli” – dovrebbe indurre tutti a riflettere, a decidere se consumare per vivere o vivere per consumare in modo compulsivo. Va bene chiedere a governi e imprese di impegnarsi nella lotta contro i cambiamenti climatici, ma altrettanto importante è assumersi questa responsabilità in prima persona: una catena di piccoli gesti individuali non basterà a fermare i cambiamenti climatici, a ridurre drasticamente le emissioni, a contenere entro il limite cruciale dei 2 gradi il riscaldamento del Pianeta, ma se non altro contribuirà alla nascita di una coscienza ecologica diffusa. Dalla raccolta differenziata a modelli di consumo più ragionevoli, a una maggiore attenzione verso gli sprechi di cibo, energia, farmaci, ecc…. si può cercare di diventare ecosostenibili, senza rinunciare a nulla di importante. Cambiare certe abitudini può addirittura aiutare a ritrovare autonomia e libertà, a rinsaldare legami familiari e sociali, per non dire che il rispetto dell’ambiente può tradursi anche in nuove opportunità professionali e creative.
Aumento della pressione normativa. Da un lato auspicabile, dall’altro pone problemi che non si possono sottovalutare. Già oggi non è facile orientarsi in un ginepraio normativo, fatto di decine di migliaia di regole, che vorrebbero scongiurare gli abusi edilizi, le aggressioni al territorio, gli illeciti commerciali, le frodi alimentari, l’evasione fiscale. Un ulteriore incremento delle disposizioni da rispettare finirebbe molto probabilmente per creare una ‘zona grigia’ da cui la corruzione potrebbe trarre nuova linfa vitale: se aumentano le autorizzazioni da chiedere, se ottenere permessi e nullaosta diventa ancora più complicato, si rafforza la tendenza, tipicamente italiana, a cercare scorciatoie illecite. Ecco perché sarebbe forse meglio frenare, anziché scatenare, l’impeto regolatorio, l’affastellarsi di regole, già troppo complesse e numerose a livello nazionale, che si moltiplicano poi nei regolamenti attuativi a livello regionale e comunale. Quando le regole sono troppe, anche i controlli diventano più difficili, come ben sanno tutti coloro che contano sulla loro scarsità per aggirare la legge.
Rapida adozione di competenze tecnologiche da parte della supply chain. L’ambiente in cui operano le imprese è profondamente mutato e con esso si evolve ovviamente anche l’organizzazione aziendale. Diventa indispensabile monitorare in tempo reale i fenomeni di vendita, prevedere e anticipare le nuove tendenze, grazie anche a internet, alle modalità di scambio di beni e servizi consentiti dalla rete. La supply chain assume una valenza strategica determinante: tende a massimizzare il livello di servizio al cliente finale, contribuendo contemporaneamente a migliorare la redditività del business aziendale. Mira a costruire e perfezionare i legami e il coordinamento della rete di operatori, a monte e a valle (fornitori, clienti e distribuzione), implicati nei processi e nelle attività che producono valore, ottimizzando contestualmente il capitale impegnato, i costi operativi, la pianificazione della capacità produttiva e dell’utilizzo dei materiali, l’utilizzo degli impianti, l’integrazione tra domanda e fornitura, l’integrazione e collaborazione tra produzione, logistica e marketing. Tendenze come la scarsità di risorse naturali e l’aumento della pressione normativa rappresenteranno elementi diretti di cambiamento per la supply chain, mentre la rapida adozione della tecnologia e l’aumento della domanda di servizi consumer imporranno all’industria e alle imprese di ripensare il proprio impegno nei confronti dei consumatori abilitati dalla tecnologia.
Complimenti per questo articolo che trovo molto vicino al mio modo di pensare un futuro non tanto lontano. Dalla terra presa in prestito invece che in eredità, a prevedere e anticipare le nuove tendenze sono aree su cui impegnarsi molto per trovare una soluzione.