Le parole del prossimo futuro sono: valori e tecnologie, con il disincanto del passato

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Maggio 2019. In un contesto in cui la parola tende a diventare sempre più spesso strumento di offesa (secondo una analisi promossa dall’Osservatorio italiano sui diritti, in collaborazione con un pool di università italiane, i social network hanno palesato negli ultimi anni una crescente ten­denza all’odio e all’intolleranza, al punto che l’8% dei tweet pubblicati ha un contenuto negativo), oggi più che in passato appare rilevante interpretare attraverso il linguaggio i sentimenti che animano la te­sta ed il cuore degli italiani.

Tempo, dimensioni e sintonie

L’aggiornamento 2018 della “Mappa delle parole del nostro tempo” (Demos-Coop) rappresenta un esercizio utile per andare a fondo nell’umore e nello stato d’animo degli individui, a partire da un grup­po di termini (soggetti, eventi, ambienti, valori e istituzioni) che ricor­rono frequentemente nei discorsi dei personaggi pubblici e nella vita quotidiana e da ciò che essi evocano nel comune sentire.

Dal punto di vista metodologico, la mappa proietta le parole sele­zionate in base a due diversi “assi” di valutazione: da un lato, lungo l’ascissa, procedendo da sinistra verso destra, si misura il grado di approvazione espresso dagli italiani, mentre seguendo l’ordinata, dal basso verso l’alto, le parole riflettono il crescente livello di tensione fra passato e futuro. In questo modo, è possibile verificare in maniera congiunta il tempo ed il sentimento suscitato da alcuni concetti, lo sguardo verso il futuro e la percezione del presente.

Le aree individuate attraverso l’incrocio di questa doppia dimensione di analisi sono sostanzialmente tre: il futuro che unisce, il presente controverso ed il passato rifiutato. Nella prima Regione trovano col­locazione parole che evocano riferimenti diversi ma piuttosto stabili nel corso del tempo, a suggerire che gli italiani hanno ben presente ciò che guida la loro visione di futuro. Nonostante la pesante esca­lation nei toni del dibattito a cui abbiamo assistito a cavallo della recente campagna elettorale, il punto di riferimento imprescindibile resta il web, vissuto come lo spazio di libertà massima sia in forma individuale che collettiva, insieme all’ambiente ed al tema dei cam­biamenti climatici, percepiti da una parte come uno dei macro trend del futuro e dall’altra come urgenza e problematica a cui porre rime­dio per assicurare la sostenibilità delle risorse a favore delle genera­zioni future.

Ritrovano centralità la casa e la famiglia, la scuola ed il lavoro, i ca­pisaldi di un vivere secondo la tradizione che sembrava essere stato messo in discussione e che invece, in un quadro di grandi cambia­menti, continua ad assicurare stabilità e certezze agli individui.

Al loro fianco, si fanno largo quelle domande sociali particolarmen­te diffuse e rivendicate: la sicurezza, la solidarietà, la meritocrazia, la democrazia.

Futuro e disincanto per il passato

La sola persona che figura in questo spazio è Papa Francesco, ancora capace di suscitare fiducia ed approvazione no­nostante la sua posizione risulti meno attraente, e dunque meno proiettata verso il futuro, rispetto ai primi anni del pontificato, qua­si a sottolineare come stia scemando la forza propulsiva della sua azione progressista e riformatrice. Questo lieve arretramento appare del tutto coerente con la diffusione di un ampio ventaglio di pratiche meditative come nuove modalità di vivere il proprio rapporto con se stessi in sostituzione della religione. Tuttavia, più per un senso di ap­partenenza che per un effettivo convincimento, gli ultimi dati Ipsos indicano una quota di cattolici pari al 74,4% degli italiani, sebbene di questi il 47% si definisca un praticante “saltuario” o un non prati­cante. La fascia di età degli “impegnati” e dei “partecipanti assidui” al credo cattolico è particolarmente elevata fra gli anziani di 65 anni o più (38,7%), mentre scende drasticamente nella fascia 18-34 anni (16%) e in quella 35-44 anni (23%). Sul piano del genere, le donne sono più devote degli uomini (32% e 21%), mentre il Sud Italia rima­ne l’area del nostro Paese con la più alta concentrazione di credenti (31%, contro il 25% del Nord-Ovest).

Al contrario, le parole attorno alle quali si concentrano atteggiamenti di sfiducia senza futuro qualificano una Regione abitata dai prota­gonisti di una stagione politica definitivamente archiviata, i partiti politici, i loro rappresentanti ed i loro leader, figure che hanno a lungo condiviso la scena pubblica ed il governo del Paese e che oggi sono tagliati fuori da un vento del cambiamento che, come dimostrano i risultati elettorali, è trasversale a tutta Italia, da Nord a Sud, dalle grandi città ai piccoli Comuni della Provincia. Oggetto del risentimen­to popolare anche le ONG, le Organizzazioni Non Governative travolte dalle polemiche sulle politiche relative all’immigrazione, insieme ad un linguaggio (si veda la parola razzismo) che sembrava appartenere ad un passato lontano e che è invece drammaticamente tornato in auge.

Nel limbo, a metà tra la fiducia del futuro ed il disincanto del passato, un’area grigia denominata del presente controverso. È occupata da tutto ciò che oggi può raccogliere consensi entusiasti come com­menti critici, spaccando l’opinione pubblica: si tratta dello spazio in cui si muovono i media tradizionali come i giornali, la radio e la TV, ancora la più utilizzata dagli italiani per informarsi. O ancora l’Europa e la moneta unica, i simboli più contestati della globalizzazione, al pari degli attori politici che oggi sono chiamati a governare il Paese e degli interventi che essi hanno promosso, dal reddito di cittadinanza al respingimento degli immigrati.

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