Marzo 2019. Il potere d’acquisto delle famiglie italiane è ancora inferiore del 6,3% in termini reali rispetto a quello del 2008 (tab. 5). E i soldi restano fermi, preferibilmente in contanti:
— rispetto al 2008, nel 2017 si è registrato un +12,5% in termini reali dei contanti, a fronte di un più ridotto incremento (+4,4%) riferito al totale delle attività finanziarie delle famiglie;
— e rispetto al 2017, oggi si rileva ancora un +2,2% per i contanti, a fronte di un -1,5% per le attività finanziarie complessive.
La forbice nei consumi tra i diversi gruppi sociali si è visibilmente allargata e incrocia il depotenziamento della capacità di spesa di quelli più deboli. Nel periodo 2014-2017, le famiglie operaie hanno registrato un -1,8% in termini reali della spesa per consumi, mentre quelle degli imprenditori un +6,6%. Fatta 100 la spesa media delle famiglie italiane, quelle operaie si posizionano oggi a 72 (a 76 nel 2014), quelle degli imprenditori a 123 (a 120 nel 2014) (tab. 6).
Molto difficilmente beni e servizi che non accendono desideri specifici dei singoli consumatori – divenuti ferocemente intelligenti nell’adottare una logica di egolatrico compiacimento – hanno una potenza attrattiva sufficiente per vincere la tendenza a tenere i soldi fermi, preferibilmente in forma cash. Questa complessa dinamica spiega come mai non vinca sempre e comunque il prezzo più basso, ma spesso la sapiente miscela di prezzo e valore aggiunto soggettivo apprezzato dal consumatore.
Ecco perché decollano consumi (tab. 7):
— ibridi, in cui prodotti e servizi sono a volte indistinguibili, a volte all’origine di una entità completamente nuova, come per i cibi cucinati consegnati a domicilio dagli operatori del food delivery (3,8 milioni di italiani vi fanno ricorso regolarmente) o per diverse forme di sharing di beni e servizi (2,8 milioni di italiani);
— evolutivi, con qualcosa in più o in meno a livello merceologico o nei processi produttivi e distributivi, come ad esempio i prodotti salutari per intolleranze e allergie, vere o presunte (8 milioni di italiani vi ricorrono con regolarità e altri 17,9 milioni di tanto in tanto), quelli per diete particolari (12,2 milioni di acquirenti abituali), quelli bio (11 milioni) o quelli altamente sostenibili (5,5 milioni di consumatori acquistano con regolarità prodotti valutati equi e solidali);
— di alta qualità percepita e del lusso, con 15,7 milioni di italiani che acquistano regolarmente prodotti tipici certificati, Dop e Igp, e 2,2 milioni che comprano cibi o bevande di prestigio, come vini di alta qualità, champagne, caviale, tartufi, ecc.;
— esperienziali, con 8,8 milioni di italiani che partecipano regolarmente a sagre locali, 6,7 milioni che acquistano prodotti direttamente dalle aziende produttrici, 5 milioni che fanno viaggi e vacanze in territori di enogastronomia e 3,7 milioni che partecipano a vari eventi centrati su specifici prodotti o servizi che poi acquistano;
— dai processi trasparenti e tracciabili, visto che 33,4 milioni di italiani leggono con attenzione le etichette dei prodotti alimentari e 22,6 milioni vogliono comprare prodotti locali, possibilmente a chilometro zero;
— sperimentali, con 4,3 milioni di italiani che consumano regolarmente cibi asiatici (sushi, tofu e piatti cinesi) e 17 milioni che lo fanno di tanto in tanto.
Fonte: Censis, Rapporto 2018