Lo spot di Natale è coerente con il concetto di Comunità di Conad?

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Lo spot di Natale è coerente con il concetto di Comunità di Conad?

Dicembre 2017. L’ampliamento del posizionamento di Conad, da persone alla comunità, merita un approfondimento. In buona sostanza, secondo RetailWatch, sarebbe stato sufficiente pensare a una catena di supermercati che anziché aspettare il cliente nel negozio, dopo aver distribuito volantini on e off line, fosse andata nelle principali piazze d’Italia a cercare nuovi cittadini-consumatori, facendo assaggiare materie prime e prodotti, grazie a un truck e a cuochi professionisti (Il viaggio di Conad). E inoltre che gli stessi uomini di Conad fossero andati a servire la cena negli spazi della Caritas e di altre associazioni no profit, alle persone anziane, ai dimenticati da questa società distratta da altro. Persone oltre le cose, appunto. Ma Conad e l’AD Francesco Pugliese non si sono fermati qui e, per approfondire il nuovo posizionamento, certamente atipico per una catena della GDO italiana e forse europea, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Aaster di Aldo Bonomi, cercano sul territorio con convegni e manifestazioni un’Italia che va oltre le statistiche e le facili schematizzazioni. È l’Italia “post crisi” che tanti imprenditori, associazioni e rappresentanti del terzo settore stanno costruendo pezzo dopo pezzo, lavorando per la rinascita dei territori in un’ottica di sostenibilità e di coesione sociale, fornendo un importante contributo alla crescita e al benessere delle comunità di riferimento.
 
Tessiture sociali è il paradigma di stretta attualità basato sulla comunità, l’impresa, il mutualismo, la solidarietà, temi con forte senso sociale, politico e economico.
 
Cosa dice Francesco Pugliese
«I valori dello stare e del costruire insieme sono principi fondanti ed elemento di continuità della storia di Conad, una storia fatta di migliaia di dettaglianti che sono parte integrante delle comunità, ne condividono i problemi e le prospettive come cittadini prima ancora che come imprenditori», dichiara l’amministrare delegato di Conad Francesco Pugliese. «A chiusura del grande viaggio –quello del truck: ndr- che ha portato Conad tra le persone, vogliamo promuovere nuove occasioni di crescita, confronto e socialità sostenendo i progetti finalizzati a condividere i valori della comunità e contribuire alla soddisfazione dei bisogni delle persone che la compongono, ad assumere in maniera più completa la nostra parte di responsabilità nella rinascita del Paese. Un Paese che da troppo tempo è senza validi modelli di riferimento in un contesto in cui la tenuta sociale e la capacità di fare inclusione e coesione sono sempre meno prerogativa dello Stato e sempre più della comunità o dell’azienda. Vogliamo diventare sempre più protagonisti nella vita delle Comunità consapevoli che per questo Conad deve creare sia un valore economico, generato dalla competizione sul mercato, che un valore sociale, basato invece sulla condivisione con le Comunità stesse”.
 
Il nuovo posizionamento è rivoluzionario, nel senso che è un unicum, soprattutto per un operatore della GDO, che di mestiere dovrebbe solo progettare supermercati, architettare assortimenti e servizi, e badare ai margini e al conto economico, come fanno tutte le catene del retail. E’ una risposta al commercio digitale che non tiene conto dell’intermediazione fisica delle persone?
 
Il nuovo spot di Natale 2017
Lo spot attualmente in onda, basato sul pay-off  “Nessun Uomo è un'isola, neanche un supermercato lo è”, non va proprio nella direzione della promessa di comunità, soprattutto se lo confrontiamo con quanto affermano Francesco Pugliese e Aldo Bonomi con la loro visione sociale certamente differente da quella patinata e buonista di questo spot.
 
Se il nuovo posizionamento di Conad è incentrato sul concetto e il posizionamento di comunità, lo spot natalizio, firmato da Pupi Avati, è con buone probabilità fuori  dal concept sopra descritto. 
Una donna che si trovasse a partorire in un supermercato, difficilmente verrebbe messa alla porta. L’atto scontato di solidarietà viene invece sottolineato con una musica eccessivamente didascalica (seppure firmata dal Giovanni Allevi) che concorre alla costruzione di uno storytelling datato e fuori dal tempo. 
Fuori tempo anche la scelta di produrre costosi spot d’autore, di cui il consumatore si cura ben poco, specialmente se firmati dalla mano controversa di Avati che, lo ricordiamo, per ultimo si era misurato con Frecciarossa, scatenando le ironie del web per la banalità delle sue scelte registiche. Se lo sforzo economico per l’intera campagna tocca i 37 milioni di investimento complessivo, la realizzazione di per sé rivela una scarsità di mezzi economica, ma anche artistica, che avrebbe facilmente fatto risparmiare a Conad qualche zero sul bilancio finale, investendo eventualmente su giovani promesse del nostro Cinema, dotate di uno sguardo più fresco e attuale sulla narrazione audiovisiva di un brand. 
La narrazione, poi, trascende la promessa del posizionamento, non trattando di fatto il concetto genuino di comunità. La comunità nello spot si manifesta, infatti, nella ricerca di un medico in sala e in qualche applauso alla conclusione del parto (le cui immagini possono risultare anche di dubbio gusto).
 
Se il soggetto, ma è solo un esempio, avesse raccontato una bambina che, smarrita la madre all’interno del punto di vendita, venisse aiutata da tutti i presenti a ritrovarla, setacciando il quartiere, allora sarebbe stato più chiaro, pur mantenendo quell’acre (quanto evitabile) tono buonista da film americano degli anni ’50. Così però non è stato.
 
La scelta di un tone of voice ridondante e didascalico ha prevalso nella narrazione dei valori di Conad, che pur li mette in pratica, come abbiamo visto, in maniera semplice e concreta. 
 
Ma non perdiamo il punto principale, lasciandoci trascinare da un’analisi strettamente estetica.
 
Prima domanda: lo spot, infatti, sa rivolgersi correttamente alla propria audience? Forse sì (pur, come detto, investendo qualche migliaia di Euro in più del necessario).
 
Seconda domanda: quante altre possibilità ci sarebbero state di raccontare gli stessi valori in maniera più verosimile con un poco più di gusto, eleganza e quotidianità vera?
 

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