È pacifico che il Retail segua i trend di acquisto in modo (giustamente) ossessivo. Analizziamo la predisposizione alla spesa delle famiglie italiane per Natale 2024 e come il mondo Retail si sia, nel tempo, adattato alle nuove esigenze dei consumatori.
Da un recente sondaggio condotto da Blackcatcard, un brand fintech europeo, in collaborazione con YouGov, scopriamo che il 46% degli italiani termina gli acquisti natalizi nelle ultime due settimane che precedono il 25 dicembre. Il 9%, poi, ammette di effettuare acquisti dell’ultimo minuto praticamente fino alla vigilia di Natale.
La spesa media, prevista per i regali di Natale in Italia è di circa 260 euro ma è interessante notare come nel Centro Italia il budget per questa ricorrenza sia più alto (280€) rispetto a Nord-ovest (258€), Nord-est (253€) e Sud (248€). Bisogna tenere presente che il sondaggio è stato condotto su un campione di 500 intervistati nel periodo 17/19 settembre 2024.
Se guardiamo la slide qui sopra, scopriamo che il 57% degli intervistati, in realtà, pianifica di spendere una cifra inferiore rispetto alla media, parliamo del range compreso tra 0 e 249€.
Questo dato è allineato al trend, in atto ormai da anni, che vede lo sviluppo in Italia di format con due caratteristiche fondamentali:
- Assortimento no food “fluido” (gli articoli cambiano frequentemente).
- Grande presenza di articoli a prezzo basso (o molto basso).
Possiamo tranquillamente dire che format come Action (di cui abbiamo parlato qui), Pepco, Primark, Tiger e MiniSo, tra gli altri, presentano le due peculiarità sopra descritte.
In RetailWatch continueremo a parlare di modelli di business di questo tipo e del loro sviluppo nel nostro Paese.
Tali modelli in parte tendono a preferire un approccio brick&mortar, ovvero basato su negozi fisici. Le spese di spedizione vengono viste, infatti, come dei costi ulteriori che rischiano di rendere i prodotti poco competitivi.
A questi retailers “classici”, nel tempo si sono affiancati però dei player eCommerce importanti che hanno spostato il conflitto commerciale sulla rete. Pensiamo, ad esempio, al caso di Temu che approfondiamo in un editoriale uscito questa settimana.
Per concludere, possiamo dire che assistiamo all’unione di due fenomeni distinti, da un lato la limitata capacità di spesa di una parte importante della clientela (che si traduce in un abbattimento dei prezzi), dall’altro ad un aumento di vendite non ricorrenti, ovvero che riguardano articoli in assortimento per un limitato periodo di tempo.
In sostanza, in questo caso il valore di un prodotto non risiede necessariamente solo in fattori intriseci (es. qualità delle materie prime) ma anche nella limitata disponibilità dello stesso, secondo uno schema che ricorda il susseguirsi delle edizioni limitate tipico di grandi marchi di abbigliamento come, ad esempio, Nike.