Parla Alessandro d’Este, Presidente GS1 Italy e Ad Italia Ferrero: riflessioni sul coronavirus e i mercati

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Aprile 2020. Alessandro d’Este, Presidente GS1 Italy e Ad Ferrero commerciale Italia ha accettato questa intervista con RetailWatch. Ovviamente non è stata fatta face to face, vista l’impossibilità di muoversi, ma per iscritto. Immaginiamo che d’Este sia alle prese con la Pasqua e i problemi e le altalena degli acquisti delle persone, soprattutto in questa Pasqua 2020, che non sarà di certo eguale a quella degli anni scorsi. I negozi della GDO, tutti i negozi, piccoli e grandi, stanno rispondendo al mutato comportamento di acquisto, sia nell’on line sia nell’off line, come possono.

È una analisi lucida quella di Alessandro d’Este, non gira attorno alle domande e ai problemi sollevati da RetailWatch, li enumera e li sviluppa senza perifrasi, con rigore e con molta attenzione, calibrando le parole e i concetti e le previsioni.

Dottor d’Este: Qual è lo scenario che sta attraversando l’industria di marca e in generale il comparto del largo consumo nei tempi del coronavirus? Quali sono le difficoltà, le battute di arresto, le speranze soprattutto che avete, le nuove iniziative che state mettendo in campo?

Tutta la filiera agro-alimentare svolge una funzione essenziale per il Paese. Oggi, questa funzione è stata riconosciuta come tale da parte delle Autorità che ne hanno richiesto, insieme a quella farmaceutica, la prosecuzione dell’attività.

Tutti gli anelli della filiera in questo momento sono sottoposti ad una forte tensione. Dai campi, alle industrie di trasformazione, alla logistica, alla gestione dei punti di vendita, ogni operatore sta gestendo forti difficoltà dovute alle disposizioni a salvaguardia della salute pubblica che impongono importanti condizionamenti nei luoghi di lavoro ed ad un aumento dell’assenteismo.

Occorre comprendere gli uni le difficoltà degli altri e trovare soluzioni e collaborazioni, soprattutto sul piano logistico, che possano soddisfare, al meglio, la domanda del mercato.

La speranza è che la crisi produca un maggiore, reciproco, riconoscimento delle attività sinergiche e complementari degli attori della filiera.

Le iniziative che ne potrebbero scaturire auspico che vadano verso una maggiore integrazione, con modalità gestionali che permettano di contenere gli stock della filiera ed un maggiore e più tempestivo scambio di dati che possa abilitare una maggiore efficienza produttiva e logistica, a favore del consumatore.

Cosa cambierà fra qualche mese quando a poco a poco produzione e distribuzione rientreranno nella normalità? Come pensa cambieranno i comportamenti di acquisto prima e quelli di consumo poi? Le dinamiche concorrenziali nel largo consumo non saranno più le stesse, ma quali potrebbero, potranno essere? Quali possono essere i focus sui quale IDM e GDO potranno o non potranno lavorare insieme?

Le dinamiche di acquisto sono stravolte. Assistiamo ad una scelta dei punti di vendita solo esclusivamente sulla base della prossimità, mettendo in crisi quelli localizzati lontani dagli aggregati urbani, ad una riduzione della frequenza di visita, ad un aumento dello scontrino medio, ad una minore propensione all’acquisto di prodotti promozionati (anche a causa della minore offerta proposta), ad un orientamento verso i prodotti alimentari di base. Inoltre, l’aumento di oltre il 150% del peso degli acquisti online tramite e-commerce e tramite click-and-collect è limitato dalla attuale incapacità di adattare sistemi e processi ad una esplosione della richiesta.

Molte di queste tendenze sono destinate a cessare nel corso del prossimo mese. L’effetto riempimento della dispensa domestica tenderà a ridursi nelle settimane di aprile e le famiglie cominceranno a smaltire le scorte accumulate in casa. Permarrà invece, un azzeramento dei consumi fuori casa che nel mondo del largo consumo rappresentavano oltre ad un terzo del totale.

Più interessante è provare ad individuare le tendenze che si consolideranno.

Una prima sarà il peso degli acquisti dei beni di largo consumo online che da meno dell’1% credo che supererà presto il 3%, con uno scalino dovuto ad una maggiore confidenza all’accesso alle tecnologie, ad una accettazione dei costi di consegna ed ad un incremento dell’offerta.

Una seconda è il maggior apprezzamento del servizio di prossimità svolto da supermercati, libero servizio e discount a danno degli ipermercati che subiranno un’ulteriore riduzione della loro capacità di attrazione.

Una terza è connessa alle conseguenze economiche del lockdown. Temo che vi sarà una forte tensione sulle aziende di minori capacità finanziarie ed un conseguente aumento della disoccupazione. Il conseguente rallentamento della domanda porterà di nuovo attenzione ai prezzi ed alle promozioni. Spero, tuttavia, che gli attori dell’IDM e della GDO facciano tesoro dell’esperienza degli anni 2009-2013 e non disperdano valore.

Una quarta, per le stesse ragioni del punto precedente, è una possibile accelerazione dei processi di concentrazione sia dell’industria che della distribuzione.

I Brand dell’industria di marca come saranno dopo il Coronavirus, quali saranno i loro nuovi punti di forza e i loro nuovi punti di debolezza?

L’IDM deve continuare a svolgere il proprio ruolo di concentrazione sulla qualità, sulla innovazione, sul rapporto col consumatore.

Non credo che la crisi che stiamo vivendo cambierà il modo con cui verrà percepita la qualità: non solo più aspetti intrinseci al prodotto, ma estensione anche al “purpose” delle Aziende. Sostenibilità ambientale e sociale delle stesse saranno fattori sempre più determinanti della percezione della qualità.

L’innovazione che il consumatore continuerà a premiare sarà ancora quella reale, che si raggiunge con investimenti in R&D, con linee industriali nuove.

Infine, il rapporto col consumatore sarà sempre più personalizzato, attraverso impiego delle informazioni, reso possibile da risorse tecnologiche ed umane di eccellenza.

Quelle marche che avranno i mezzi e la visione strategica di continuare in queste direzioni, continueranno ad essere protagoniste del mercato.

D’altra parte, i consumatori valuteranno, con maggiore attenzione, il value-for-money delle proposte ed in caso di proposte “fake” andranno verso soluzioni più economiche.

Il parere di RetailWatch

L’intervista finisce qui, crediamo sia un buon tavolo di discussione e di confronto e, come dice Alessandro d’Este, di collaborazione, sui dati, sulle strategie e sulla vision che deve essere per forza comune, pur nella diversità dei business svolti.

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