Parliamo di customer obsession: il consumatore è al centro o no?

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Novembre 2018. Se vi chiedessero su due piedi, cari manager della GDO italiana, se la vostra azienda è affetta da Customer Obsession, probabilmente rispondereste in maniera affermativa.  Prendetevi un minuto e riflettiamoci.

Vogliamo approfondire, su RetailWatch, il concetto soffermandoci prima di tutto sul significato profondo della parola “ossessione” e sulla differenza con termini affini come “attenzione”, “interesse”, “relazione”. Ossessione è un pensiero forte, continuo, martellante, quasi patologico. Il resto è una sfumatura. Partendo da questa considerazione possiamo affermare, senza timore di smentita, che nella GDO del nostro paese, non esistono realtà plasmate sulla Customer Obsession: il consumatore, spesso e volentieri, è sì considerato un elemento importante del business ma non ne è il fulcro, il filo rosso che lega il lavoro nelle diverse funzioni aziendali e guida i processi decisionali, “el jefe” come lo chiamano in Mercadona nel “Modelo de Calidad Total”.

La nostra impressione, derivante da ciò che vediamo in giro tra azioni di marketing e convegni per addetti ai lavori, è che le ossessioni della GDO italiana siano perlopiù quelle per le vendite, per i margini, per i volantini, per i contributi dall’industria, per la concorrenza, per il prodotto, per l’immagine aziendale (autocompiacimento). Rare e sparute eccezioni non fanno testo.

Per carità tutto legittimo.

Ma come non intravedere nella Customer Obsession una novità nell’approccio di business? Un’opportunità da cogliere prima degli altri? Andiamo più a fondo: per capire un po’ meglio cosa significhi Customer Obsession è necessario guardare cosa succede fuori dal recinto del largo consumo confezionato, in tre realtà assolutamente interessanti e di grande ispirazione come il Fashion Retail, il mondo delle Assicurazioni e l’e-tail?

La Customer Obsession nel mondo assicurazioni

Generali Italia, leader nella vendita di prodotti assicurativi, sembra essere molto avanti sul tema. Nelle scorse settimane, ad esempio, ha riunito un centinaio di propri dipendenti di diverse funzioni in un Hackatlhon, una sorta di maratona di idee per discutere di nuove proposte sul Customer Service. Un gruppo di lavoro formato da agenti di vendita, la prima linea del business per capirci, era dedicato proprio alla Customer Obsession. Non conosciamo i contenuti della discussione, ma ci basta sapere che si stia lavorando in questa direzione. Ci colpisce la straordinaria forza di un approccio aziendale di questo tipo: il cliente come una “sana” ossessione, stella polare per tutti coloro che lavorano in azienda, prima e principale preoccupazione del CEO e del neo assunto-agente. Quanti, nella GDO, possono riconoscersi in un modello anche lontanamente ispirato a questo principio?

La Customer Obsession nel mondo Fashion Retail

Un altro mondo da cui trarre ispirazione, in questo senso, è il Fashion Retail. Non parliamo di alta moda, da sempre innamorata di se stessa, o del fast-fashion a pochi euro, ma del Retail fatto in un certo modo. Concetti come loyalty e retention sono da sempre pilastri imprescindibili del business delle boutique dei centri storici, ad esempio. L’ascolto attivo del cliente, l’empatia, la profilazione, l’experience nella shopping expedition, il servizio allargato al post-vendita: in queste realtà la vendita in sé è un elemento quasi residuale rispetto alla creazione di un legame duraturo con il cliente. Questione di focus.

La Customer Obsession nel mondo e-tail

Ultimo, non per importanza, è il mondo dell’e-tail: qui entrano in gioco gli algoritmi e gli strumenti di intelligenza artificiale nell’interpretazione dei miliardi di dati a disposizione dei negozi virtuali. Prevedere i bisogni, proporre l’articolo giusto al momento giusto, costruire soluzioni tailor-made, garantire il post vendita: Amazon e gli altri pure player dell’online lo fanno benissimo, poiché sono decisamente Customer Obsessed (consigliamo sul tema l’intervista a Jeff Bezos in cui parla della C.O. come chiave del successo di Amazon).

Customer Obsession: una rivoluzione culturale

Qualcuno potrebbe tacciare quest’approccio di scarsa scientificità. Naturalmente, nell’era dei big-data, è necessario farsi supportare da strumenti efficaci per l’analisi dei dati. Chiariamo però che l’approccio alla Customer Obsession è prima di tutto una rivoluzione culturale più che tecnologica: nell’era del cliente è necessario ripensare la struttura aziendale, in molti casi ancora costruita secondo vecchie logiche di funzioni, con grandi silos a tenuta stagna che non dialogano tra di loro e che sono responsabili del solo pezzo di lavoro assegnatogli, che se ne fregano della felicità del cliente. È necessario rivedere i dashboard utilizzati per monitorare l’efficacia delle strategie commerciali: quali soni i KPI più consultati nelle riunioni del lunedì mattina? Sono i soliti indicatori transazionali (vendite, volumi, margini) o quelli più customer-centrici come quelli che provengono dalla carta fedeltà, dai feedback diretti dei clienti in punto vendita o sul web, dalla disponibilità del prodotto a scaffale, dall’esperienza globale nel punto vendita…?

In conclusione: sono maturi i tempi per vedere una GDO “ossessionata” dal cliente, pronta a cambiar pelle per affrontare le grandi sfide di un mercato sempre più customer-centrico?

1 commento

  1. Vogliamo credere di “lavorare” per il cliente ma le nostre decisioni passano inevitabilmente dalle forche caudine dei costi gestionali a tutti i livelli (dalla logistica fino allo ascaffale del punto vendita ).
    Percorriamo scelte che rappresentano la miglior mediazione possibile, parlare di “ossessione” è ad oggi piuttosto utopico, quasi da segnalazione per il TSO…..

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