Pedroni-Coop: il cambiamento, i competitor, i consumatori

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Pedroni-Coop: il cambiamento, i competitor, i consumatori

Settembre 2016. E’ stata presentata l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2016” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi originali di IRi Information Resources, GFK, Demos, Nomisma e Ufficio Studi Mediobanca. Introdotto da Enrico Migliavacca, vice presidente vicario Ancc-Coop, il Rapporto, anche quest’anno in versione digitale interattiva e multimediale,  analizza l’andamento dei diversi segmenti di consumo e l’evoluzione del retail; in particolare si concentra sulle traiettorie della ripresa in un confronto Italia-Europa, sui mutamenti delle famiglie e  sui cambiamenti nei comportamenti di spesa.
 
Una ripresa a intermittenza
Parte, non parte. Quando ci si muove nella palude dello zero virgola o poco oltre vedere o meno la ripresa del Paese diventa una questione di prospettive. Qualcosa continua a muoversi seppur con insostenibile lentezza: il Pil dovrebbe chiudere il 2016 con un +0,6%  (stimato a un +0,9% nel 2017),  i consumi fanno meglio e dovrebbero attestarsi su un +1,1% (stimato un +0,8% nel 2017) certo sostenuti da un miglioramento del potere d’acquisto delle famiglie “drogato” da condizioni forse irripetibili (le misure del Governo, le concessioni europee, ma anche la caduta dell’inflazione e del costo del petrolio). Mentre le imprese continuano a rimandare gli investimenti (dal 2007 ad oggi se ne sono persi solo nel nostro Paese 77 miliardi di euro) e rispetto al 20% della Germania la quota di investimenti sul Pil si attesta su un 16,4%,  con tutto ciò che ne consegue in termini di ammodernamento tecnologico da un lato e di assorbimento di manodopera dall’altro. D’altronde per riportare il reddito sui livelli pre-crisi all’Italia servirebbero 105 miliardi di euro. Le incertezze economiche si sommano poi alle preoccupazioni derivanti dalla nuova emergenza geopolitica; non è un caso che sulla base delle parole più ricercate su Google “Isis” abbia una persistenza di frequenza molto superiore al termine “spread”. E “Crimea” che pur tanto ha voluto dire per gli impatti economici sul nostro Paese (-3,6 mld l’export italiano a causa delle sanzioni verso la Russia) risulta decisamente minoritaria.
Intanto le famiglie continuano a fare i salti mortali e  per rimanere a galla erodono i risparmi (dal 2007 ad oggi il tasso di risparmio è diminuito di quasi 3 punti percentuali) e siamo sempre di più il Paese delle disuguaglianze: simili a Uk e Usa per sperequazione nella distribuzione dei redditi, pericolosamente vicini alla Grecia per concentrazione di famiglie povere e a rischio di esclusione sociale (il 40,4% della popolazione in Romania, il 35,7% in Grecia e il 28,5% in Italia).
Lontani dall’Europa almeno per sentiment (il 60% dei nostri connazionali dichiara apertamente di non crederci, affiancati in questo dagli inglesi che già hanno scelto la via di fuga, mentre due italiani su tre considerano inutili i progetti per il futuro), paghiamo lo scotto dei sempre più evidenti divari generazionali: la ricchezza è tutta nel portafoglio degli anziani (la silver economy fa faville) e lascia sempre più scoperti gli under 35 (la ricchezza finanziaria degli over 65 si aggira intorno ai 154.000 euro contro i poco più di 18.000 degli under 35). Su questa generazione (millenials) e sulle altre a seguire (generazione delle reti) grava un tasso di disoccupazione pari al 37,6% e 4 su 5 di loro -superati in questo solo dai loro coetanei bulgari- ammettono di sentirsi ai margini della società.   
 
I nuovi italiani
Ma in questo Paese vecchio e ingessato, imbrigliato nelle regole europee, sta nascendo una società nuova, sempre più liquida o flessibile dove gli italiani sono cambiati. Figli della recessione, si diversificano rispetto agli altri europei e conquistano spesso posti in cima alle graduatorie (non sempre però si tratta di primati invidiabili). I “nuovi italiani” sono certamente più vecchi e più soli, più poveri e disuguali, ma sono diventati anche più green e smart, più clean e healty. Dopo la resilienza alla crisi sono oggi tra i più innovativi e sperimentali d’Europa. Lo smartphone è il vero compagno di vita (15 milioni venduti nell’ultimo anno, +16%), nell’uso/abuso surclassiamo tutti gli altri europei e ci superano solo i giapponesi (per 2 minuti nell’accensione alla mattina mentre siamo gli ultimi a spegnerlo prima di addormentarci), uno su 10 ha al polso un dispositivo wearable tanto che solo gli Usa ci sorpassano e a seguire gli inglesi, i tedeschi e i francesi. Persino la vecchia immagine del latin lover è tramontata e anche l’amore è diventato virtuale (9 milioni di italiani si innamorano in rete). Non ha ancora sfondato, ma mostra indubbi segnali di crescita, l’internet delle cose e almeno a intenzioni l’80% degli italiani vorrebbe rendere più connessa la propria casa. Intanto solo nel 2015 sono stati 100.000 i droni venduti in Italia.
Ma gli italiani sono anche i più magri d’Europa (20 milioni fanno sport ma altri 16 milioni sono gli sportivi “fai da te”, i sedentari in movimento), entusiasti -come noi solo gli spagnoli- hanno aderito alla sharing economy (il 5% usa le piattaforme), considerano l’ambiente un bene primario e la ricerca della sostenibilità dal carrello della spesa è diventata un credo diffuso: gli italiani sono i più attenti alle etichette, ma sono anche primi per raccolta differenziata e più dell’80% considera immorale vestirsi con pelli, pellicce e piume.  Il risveglio della mobilità passa anch’esso dal green: + 48% le vendite di auto ibride nei primi sei mesi di quest’anno, quasi 57.000 le e-bike acquistate nel 2015.
Questa nuova identità ha comunque una sua spiegazione a partire dalla crisi perché non deve sfuggire il fatto che, grazie alle nuove app tecnologiche e ai nuovi comportamenti derivati, il consumo è sempre più gratuito: dalle comunicazioni alle informazioni, dal tempo libero ai servizi. E non si tratta di un peso da poco. La rete e le tecnologie digitali hanno dissolto circa il 2% della spesa ovvero 20 miliardi di euro. Una famiglia può arrivare a risparmiare fino a 1.400 euro all’anno.
Ci sono poi anche primati non invidiabili. E in questo identikit rinnovato spicca ad esempio il consumo di farmaci per l’ansia e il sonno (10% più alto della media europea) o nella sfera privata l’uso delle droghe:  il 31,9 dichiara di aver fatto uso almeno una volta  di cannabis (più di noi solo i francesi e i danesi)  e addirittura secondi in Ue dopo gli spagnoli per uso di cocaina (il 7,6% ne ha fatto uso almeno una volta).
 
“Super Cibo” e “Altro Cibo”
Da qui al cibo il passo è breve: mangiamo di meno in quantità, ma sempre più global (si veda l’impennata del carrello etnico + 8% nel primo semestre 2016), oramai è fuga dalla carne (-13% in 6 anni),  i cibi sono sempre più light (nella top ten lo zucchero di canna domina rispetto a quello raffinato così come il latte a alta digeribilità), i prodotti “senza” (senza sale, senza glutine, senza lattosio…) crescono (+ 5,7% nel primo semestre) e si afferma lo stile alimentare “clean”. Ripulirsi è il mantra a tavola dei nuovi italiani, fornire al proprio organismo solo carburante sano e per farlo si ricorre a due armi. La prima consiste nella riscoperta di ingredienti “antichi” diventati i “superfood” di oggi: lo zenzero, la quinoa, la curcuma  parole cercate ossessivamente in rete ma anche fonte di un segmento di fatturato in crescita (il giro d’affari dello zenzero anno su anno fa registrare un +141% e la curcuma supera il 93%).  Di fronte a tanta sapienza il bio, che pure continua a crescere a due cifre, è oramai un gioco da bambini e ha assunto le sembianze di un consumo di massa. Questa specie di paleontologia del gusto può anche essere stata influenzata dalle nuove forme di religiosità che si fanno strada nel nostro Paese e che mescolano la pratica fisica, la concentrazione mentale, la ricerca della serenità d’animo; 2 milioni gli italiani che praticano yoga, il doppio rispetto al 2011. Una tendenza che invade la rete dove sui siti specializzati e nelle grandi piattaforme di aggregazione viene venduto un accessorio per la meditazione ogni 83 secondi. 
La seconda opzione è il ricorso all’ “altro cibo” in nome di una dieta perenne. Pillole, integratori, beveroni generano in Italia un mercato che ci fa primeggiare in Europa ed è pari a oltre 2,5 miliardi di euro all’anno (+ 7,7% anno su anno).
Di fronte a tanti cambiamenti le imprese si mostrano in affanno e la grande distribuzione non fa difetto; solo gli specializzati in grado di colpire target individuali di consumatori ottengono soddisfazioni economiche e infatti la redditività degli specialisti nel largo consumo è 5 volte quella della grande distribuzione “tradizionale”.
 




Previsioni e proposte di COOP
“La spesa per i beni di largo consumo resta al palo, le nostre vendite a valore sono stabili, ma la scelta di Coop di investire sulla convenienza ha permesso nel 2015 di aumentare i pezzi venduti. La vera sfida però è quella dei nuovi consumatori italiani. I nostri connazionali sono amanti della sperimentazione, cercano nuovi prodotti, amano le novità  (più degli europei) – spiega Marco Pedroni, presidente di Coop Italia- e noi stiamo innovando sia in termini di prodotto (è in fase di lancio il nuovo Pam,  4.000 referenze interessate e un fatturato di 3 miliardi di euro per un'incidenza pari al 27% a valore e al 33% a quantità)
 



sia come format (dopo aver colto con successo la sfida di Expo, il Supermercato del Futuro diventa realtà a Milano zona Bicocca con un’apertura prevista a fine anno). Intendiamo mantenere la leadership in Italia, confermando l’impegno oneroso nel Sud del nostro Paese e in contesti molto difficili, ma abbiamo mosso i primi passi anche sulle rotte internazionali; oltre 700 prodotti a marchio hanno già raggiunto gli scaffali reali e virtuali del mercato asiatico e degli Emirati Arabi coinvolgendo oltre 200 aziende fornitrici; inoltre una gamma di prodotti Fior Fiore è già reperibile sugli scaffali francesi”.
 



“Siamo un insieme di imprese cooperative e intendiamo confermare la nostra distintività. L'Italia è  il nostro campo di gioco e abbiamo ridotto i margini pur di attuare politiche di convenienza a vantaggio dei consumatori. Ugualmente rilanciamo sul tema dei valori come dimostrano la campagna sulla legalità delle filiere “Buoni e Giusti Coop”, la lotta allo spreco alimentare, il sostegno alla ricerca scientifica (stiamo per varare un’importante campagna sulla sindrome di Alzheimer). Siamo stati in prima linea per varare un’azione di solidarietà nei confronti delle persone colpite dal sisma e a oggi abbiamo raccolto oltre 400.000 euro.
Per continuare ad innovare sperimentiamo nuovi punti vendita a Milano ma anche a Torino, Firenze, Modena – conferma Stefano Bassi, presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori). Ma per investire e mantenere l’occupazione dobbiamo liberare nuove risorse  riducendo in generale i costi e tra questi, in occasione del rinnovo contrattuale,  il differenziale troppo pesante che la distribuzione cooperativa sopporta rispetto all'impresa privata senza voler omologarci a questa. Di fronte ai dati economici non entusiasmanti e in previsione di una imminente Legge di Stabilità, chiediamo una svolta di politica economica da un lato evitando azioni repressive su consumi già in difficoltà (un intervento di aumento dell’Iva sarebbe una catastrofe) e dall’altro varando con coraggio un insieme di azioni concrete a sostegno dei giovani che diminuiscano l’attuale divario generazionale. Investire sulle giovani generazioni è un segnale di futuro”.

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