Qual è il Valore dei centri commerciali con l’espansione dell’e-commerce?

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Maggio 2019. Il valore dei centri commerciali è certamente un tema che assume rinnovato interesse, se contestualizzato all’attuale momento di mercato dove, sempre più prende corpo la componente di acquisto espressa dal commercio elettronico. Non solo per i centri commerciali ma anche per tutte le strutture commerciali o ad uso misto all’interno delle quali il consumatore effettua i propri acquisti. In sostanza è interessato da questa analisi tutto il settore retail. Una considerazione preliminare da fare è insita nell’inquadramento di un centro commerciale quale asset, ovvero la sua consistenza e il suo valore in funzione della capacità di generare flussi finanziari. Sotto questo punto di vista un immobile commerciale inteso come attività reale non è dissimile dalle attività finanziarie ed, anzi, è prassi l’utilizzo di strumenti che consentono diversi livelli di compenetrazione fra queste due attività, finanziarie e reali, in cui il valore delle prime è determinato dal valore delle sottostanti seconde, fino ad arrivare a casi di “astrazione” finanziaria, per così dire, quali i fondi di fondi e simili.

La generazione di flussi finanziari

È utile concentrarsi sulla capacità del bene di generare flussi finanziari, la qual cosa dipende da molti fattori non tutti sempre presenti né in egual misura partecipanti a tale determinazione. Fra questi, appunto, il commercio elettronico è un fattore che assume importanza nel generare flussi da parte degli immobili retail o ad uso misto, e sempre più lo sarà in futuro. Per apprezzare quanto questo fenomeno possa incidere nei conti delle aziende, basti pensare al costante tasso di crescita del commercio elettronico che, seppur ancora lontano dai valori delle vendite espressi dal commercio fisico, ogni anno conquista piccole fette di mercato. Nel 2017 pari al 5,7% del commercio totale in crescita del 17,7% rispetto al 2016 e in previsione il 15% nel 2018 sul 2017 (fonte: Osservatorio e-commerce B2c del Politecnico di Milano e Netcomm). Questa crescita si concretizza in molti modi, in continuo cambiamento e molto spesso diversi fra azienda ed azienda, ed è questa difficoltà ad inquadrarne l’evoluzione, o la natura stessa, che ne rende difficile la quantificazione o la difficoltà di determinare dei criteri e regole per dimensionarne il contributo quale fattore stabile in grado di generare flussi e, quindi, contribuire a determinare il valore dell’asset. Certamente nella contrattualistica degli affitti o locazioni di spazi commerciali e misti, è già attiva la riflessione sulla dicitura per cui il valore delle vendite online contribuisce alla determinazione del volume d’affari espresso dal punto di vendita fisico e, pertanto, alla quantificazione del corrispettivo dovuto dall’affittuario. Questa formula è tuttavia ancora troppo generica e non calzante poiché ha il suo limite nell’indissolubile collegamento al luogo fisico – il punto di vendita – entro cui si deve necessariamente concretizzare e concludere il processo d’acquisto e questo è, in linea astratta, una contraddizione in termini. Ed allora la prassi di mercato potrebbe cercare di adattare questo principio all’utilizzo dello spazio fisico per acquisti che possono anche originare o concludersi altrove (o per meglio dire, tramite altri canali, visto che l’online non è uno spazio fisico) ma che utilizzano comunque il punto di vendita quale interfaccia con il cliente per il consumo medesimo: si pensi, su tutti, al caso dell’acquisto effettuato su di un sito ed al ritiro e pagamento del relativo prodotto nel punto di vendita dello stesso brand. Sono necessari degli affinamenti per cercare di ottenere quello che apparentemente sembra impossibile per dare una regola che in un certo qual modo consenta di prevedere il principio al di là delle sue pratiche declinazioni. Più di tutto è necessario superare le resistenze degli Operatori che vedono così una indebita sottrazione di una percentuale di fatturato in favore dei Locatori. Al contrario, sarebbe necessario rendersi conto che codificare questo aspetto è anche a vantaggio degli Operatori poiché permetterebbe un ulteriore passo di avvicinamento verso la consapevolezza che l’online e l’offline sono due facce della stessa medaglia e che i brands (si parla in linea generale) non possono prescindere dall’uno e dall’altro, ma anche dalla loro interazione. Per favorire questo passo, si pensi al beneficio che un investimento immobiliare in grado di generare un maggior flusso finanziario, può avere anche per gli Operatori.

Il fattore Tempo

Su questo aspetto introduciamo in questa breve analisi un elemento fondamentale per qualsiasi valutazione finanziaria: il fattore tempo. È indubbio che, come insegnano in qualsiasi testo di finanza aziendale, il valore di un asset inteso come sua capacità di generare flussi, vada inteso anche dinamicamente misurando le differenze su tali flussi fra due momenti t0 e t1. È verosimile presumere che un asset che esprime valori positivi e crescenti nel tempo, potrà godere di una gestione più “ricca” rispetto al medesimo asset che esprime valori negativi e/o decrescenti. Una gestione intesa nella sua parte passiva, ovvero costante mantenimento in stato di efficienza di tutte le parti fisse e impiantistiche o migliorie, e soprattutto nella sua parte attiva, ovvero l’insieme di tutte quelle iniziative di marketing, promo-pubblicitarie, creative etc… alle quali doverosamente vanno aggiunte le occasioni offerte dalla tecnologia e sue applicazioni concrete. È un circolo virtuoso che vede coinvolti i Proprietari, gli Operatori, gli Investitori. È il dilemma del medio-lungo periodo nell’ambito del quale sarebbe sempre opportuno valutare un investimento reale, soprattutto se riferito a strutture complesse come quelle di cui si parla. L’investimento nel settore immobiliare, qualunque sia il suo scopo (gestione, compravendita, sviluppo) è ancora un investimento per il medio-lungo periodo ed il ricorso al credito è parte integrante del ciclo economico in cui tale investimento si inserisce che prescinde dai passaggi di proprietà. Purtroppo per diversi motivi, anche fiscali, non sempre è così ed, anzi, si tende a valutare la bontà di un investimento retail nel breve periodo, pretendendo di incorporare da subito nel valore atteso dell’immobile tassazione in acquisto, tassazione sui ricavi gestionali, capital gains etc… con una exit strategy che pertanto lascia poco spazio a gestione ed innovazione.

Ma una riflessione serena su questi aspetti, includendo doverosamente l’apporto crescente di valore che può dare l’e-commerce, sarebbe opportuna poiché non sempre gli investimenti vanno come pianificato a tavolino.

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