Trader Joe’s New York: razionalità e store brand
Settembre 2013. Trader Joe’s, molti non lo sanno, è la branch americana del discounter tedesco Aldi. Discount nell’anima ma con un appeal americano. Ci ha impiegato un po’ ad arrivare a Manhattan. New York, ma poi alla fine ha dovuto inchinarsi al quartiere di Chelsea e cercare di esprimere al meglio concept e formato.
Nel mese di luglio Aldi Nord ha cominciato ad importare in Germania una serie di prodotti di Trader’s Joe, moltiplicando il suo appeal esotico e ricavando sinergie di margine.
Le vetrine sono importanti per il discounter tedesco-americano che vogliono ribadire il concetto di marca e i confini entro il quale si muove (i secchi di latta), unitamente a qualche dettaglio merceologico. La stessa insegna somiglia adesso per il lettering e i colori, molto più inglese che tedesco-americana.
L’insegna dà il benvenuto ai clienti sottolineando il concept: “Ergonomia e facile affare”. E in effetti il layout è aperto, le corsie sono molto comode, le promozioni fuori gondola non sono a scapito dell’ergonomia dei flussi, la spartanità dell’organizzazione del visual merchandising è subito percepibile. Sull’affare ovviamente c’è poco da dire: i prodotti sono store brand e poco confrontabili, non solo nel formato ma anche nella formulazione di prodotto, sottrarsi al confronto è un’arte che a Trader Joe’s riesce particolarmente bene. La capacità di comunicare è davvero interessante e potrebbe piacere sin al sofisticato Oscar Farinetti che della comunicazione in store è maestro.
Tutto è in offerta (bargain) ma le testate di gondola, mono item, lo sottolineano per concept e per filosofia.
Molti prodotti sono diventati dei veri e propri culti, come quello mostrato nella fotografia. Ma è la capacità di fare branding, seppur in un discount, che va notata. Guardate lo steacker del prezzo com’è costruito: le velette laterali, sx e dx, sono sempre eguali e dicono vieni da Trader Joe’s, segue il prezzo e l’informazione di prodotto.
Tutti banchi a libero servizio sono nominati prima di tutto con la location (Chelsea in questo caso) e poi la categoria a caratteri cubitali.
I prodotti sono sempre spiegati, soprattutto quelli in offerta (Flyer item), anche se, certamente, è il prezzo a farla da padrone.
Dicevamo della comunicazione: da Trader Joe’s è molto importante quella di posizionamento, i prodotti a marchio di insegna non sono OGM. La battaglia condotta sul bio da WholeFood costringe i competitor a adeguare comunicazione e posizionamento: certo, siamo lontani dal concetto di bio o di naturalità, ma l’uso di OGM è bandito, un fatto tutt’altro che secondario negli Usa.
Le attrezzature sono basiche e i pannelli sono in laminato e riprendono le venature del legno.
Da notare i carrelli in filo metallico, tutti rossi, a piani sfalzati, molto comodi per la spesa abbondante. Esistono poi due tipi di cestelli con ruote. La coda alle casse negli orari di picco è davvero chilometrica: un addetto di Trader Joe’s ha un lungo cartello e guida la coda alla cassa in modo di far agevolare i flussi di clienti.
I banchi, come già riferito sono tutti a self service, e la comunicazione lo spiega come un fatto positivo che contribuisce a ridurre il prezzo finale.
Il pane è dorato nel pdv e, con una forzatura, diventa pane artigianale. Certo, non è vero, ma non sono molte le forzature alle quali ricorre l’insegna per vendere, è una questione di etica.
Il layout delle casse è diverso: le postazioni sono in fila e le cassiere guardano frontalmente la coda. Un segnale avvisa quando una cassa è libera. Non ci sono testate di cassa, e il tutto sembra molto razionale.
Punti di forza
Layout e ergonomia, Self service, Store brand, Comunicazione, Area Casse
Punti di debolezza
Qualche comunicazione non troppo veritiera
La sostenibilità di Trader Joe’s, Chelsea, New York
Impatto ambientale 3
Solidarietà con il territorio 3
Naturalità 3
Organic bio 3
Artigianalità 3