Da un lato il tè Matcha viene proposto in ogni salsa possibile presso retail e ho.re.ca, dall’altro però c’è chi sta cercando di sensibilizzare le persone sul consumo più oculato e tradizionale di questo prodotto. Vediamo in cosa consiste la diatriba, ormai molto popolare sui social network analizzati dalla nostra redazione.

Il tè matcha è, nella sua forma più pura, una polvere finissima ricavata da foglie di Camellia sinensis coltivate all’ombra, macinate su pietra e tradizionalmente impiegate nelle cerimonie giapponesi. Ha un gusto erbaceo e concentrato, una tonalità verde brillante e proprietà che vengono spesso celebrate. Questa storia lunga e rituale è però stata rapidamente riscritta in chiave pop: oggi il matcha è ingrediente di bevande, dolci, cosmetici e contenuti realizzati per Instagram o TikTok.
Tè Matcha, com’è diventato virale e quanto è grande la sua eco
Il fenomeno social legato al matcha è l’esempio perfetto di come estetica, salute percepita e replicabilità algoritmica possano trasformare un prodotto di nicchia in un’icona globale. Su TikTok, il tag #Matcha ha accumulato almeno quindici miliardi di visualizzazioni secondo fonti autorevoli perché le clip che mostrano la preparazione del matcha latte, ricette “veloci” (dal matcha martini al gelato) o reazioni al sapore del prodotto si prestano particolarmente bene al formato verticale e al “repeat” del feed.

Dietro questi numeri c’è un mix di elementi perfetti: il verde brillante che risalta sugli schermi dei cellulari, la narrazione salutista e la versatilità del matcha che, infatti, viene usato sia freddo che caldo, in dessert, cocktail, gelati, bevande vegetali e molto altro. I creator digitali hanno poi trasformato l’utilizzo della tradizionale frusta di bambù per la preparazione del matcha, chiamata chasen, in un piccolo rito performativo, e i brand hanno cavalcato il contenuto UGC (user-generated content) per portare notorietà ai propri articoli.
Potenzialità del Matcha nella GDO
Dal punto di vista commerciale, il matcha ha tutte le carte in regola per essere un prodotto “multipurpose”. I numeri segnalano una crescita costante e le proiezioni risultano ottimistiche per i prossimi anni, segno che la domanda non è solo virale ma strutturale (anche la BBC segnala come la produzione di matcha sia quasi triplicata negli ultimi dieci anni). In termini di valore, si prospetta che il mercato globale del matcha toccherà i 3 miliardi di dollari nel 2028.


Questo apre scenari interessanti per la grande distribuzione organizzata: linee di prodotto che vanno dal matcha premium in vasetto o latta, alle soluzioni più consumer-friendly come bustine solubili, stick monodose, miscele per pasticceria e – sempre più presenti sugli scaffali – le capsule per macchinette da caffè adattate anche al tè.
Perché si parla di “crisi del Té Matcha”

Testate nazionali e internazionali hanno segnalato che la domanda globale, spinta dai trend social, sta mettendo sotto pressione le piantagioni giapponesi le quali, in passato, avevano ritmi di lavoro molto più lenti e sereni di oggi. Basti pensare che alcune varietà di matcha pregiatissime (il cosiddetto first-flush o matcha cerimoniale, ad esempio) sono addirittura raccolte una sola volta l’anno e storicamente riservate esclusivamente a specifiche pratiche rituali.
L’aumento delle richieste per uso commerciale ha portato a razionamenti, carenza nella disponibilità del prodotto e rincari nei prezzi. In Italia, testate come Gambero Rosso e Il Post hanno dedicato approfondimenti al tema, mentre blog specialistici riportano segnalazioni di stock bassi e significativi aumenti di prezzo nelle importazioni.
La produzione di Matcha richiede macinatura su pietra e competenze artigiane. Per questo motivo esiste un limite alla scalabilità del processo industriale legato a tale prodotto. Sarà interessante, dunque, vedere quali soluzioni tecnologiche verranno messe in campo per risolvere tale criticità nel prossimo futuro.
Matcha e Specialty Coffee: evoluzioni opposte
Potremmo dire che Matcha e Caffé hanno seguito due evoluzioni opposte. Il primo, da polvere cerimoniale giapponese è diventato una buona base per molti prodotti di consumo quotidiano mentre il secondo, da bevanda popolare, è stato valorizzato tramite una vasto range di varianti rese famose da giganti commerciali come Starbucks e Nespresso.


È interessante inoltre vedere come esista, sul web, una vera e propria contrapposizione tra caffé e matcha latte, due bevande che, per molti, non dovrebbero nemmeno essere vendute nello stesso luogo, viste le loro funzioni originarie diametralmente opposte.
Dritan Alsela, maestro di latte art ed esperto internazionale di caffè è arrivato addirittura ad esortare il pubblico a boicottare il matcha, tramite cartelli esaustivi affissi presso il proprio locale (“Matcha drinkers not permitted. This is a coffee establishment. Respect the beans“).

Da un punto di vista di marketing, le polemiche online sono utili ad incrementare ancora di più la popolarità dei prodotti oggetto delle stesse. Sarà curioso vedere come le vendite del matcha verranno impattate da questo aggregato di contestatori ed amatori i quali, dando sfogo alle proprie idee sul web, stanno contribuendo ad allargare la portata del fenomeno in modo importante.
Per le ragioni che spieghiamo nel nostro articolo “L’inesorabile destino del caffé“, le industrie e i consumatori sono sempre alla ricerca di alternative alla popolare bevanda e in tale quadro troviamo anche i drink a base matcha. La domanda che ci dobbiamo porre è: “Quali di questi surrogati risulterà sostenibile nel tempo in termini di disponibilità e prezzo?“. In RetailWatch continueremo a monitorare lo sviluppo del matcha come di altri sostitutivi del caffé per poter rispondere efficacemente a questo particolare quesito.

