Volete davvero essere sostenibili? Inserite il latte di avena. Il caso svedese di Oatly

Data:

Gennaio 2020. Il latte è un reparto protetto, nel senso che basta guardare il lineare di vendita di qualsiasi retailer per accorgersi che in questo segmento non comanda il consumatore e i suoi bisogni e i suoi desideri, ma i produttori e i retailer con le loro MDD, le marche del distributore. La soia e il latte di soia hanno una scarsa visibilità, figuriamoci il latte di avena

L’assunto di questo caso:

. I quadrupedi, mucche comprese, sono responsabili del 25% di produzione di CO2.

Un produttore svedese, Oats, ha sfidato i produttori di latte di mucca e ha lanciato il suo brand e il suo latte di avena. Apriti cielo.

Senza prendere posizione, come il filmato di RetailWatch vuole dimostrare, il packaging ha diverse possibilità, oltre a quelle di garantire un trasporto sicuro lungo tutta la filiera:

  1. È uno strumento di comunicazione. Il direttore marketing di Oats la usa con spregiudicatezza per parlare di un prodotto alternativo, ma anche per lanciare sfide ai concorrenti, al sistema del latte svedese, ai retailer svedesi e alle loro MDD. Usa l’arma dell’ironia inondando i pack di messaggi diretti e subliminali per incuriosire chi non acquista Oats ma anche coloro che già lo conoscono, ad esempio lanciando proprio sul packaging una petizione al primo ministro svedese per avere più informazioni sulla sostenibilità del latte e la sua filiera.
  2. È un nuovo prodotto che soddisfa nuove esigenze e nuovi bisogni. Rispetto al latte ottenuto da mucche abbatte del 67% la produzione di CO2, essendo l’avena un vegetale.

Forse converrebbe che i retailer italiani facessero un’analisi su questa case history e sul suo concetto di sostenibilità e di comunicazione on pack. Di certo non sfigurerebbe in uno scaffale sempre identico a sé stesso e potrebbero valorizzarlo non lasciandolo in balia di farmacie e finti specialisti.

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