La Cina si mangia il mercato dell’ittico

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Negli anni ’80 la Cina produceva la metà dei volumi rispetto all’Europa nel comparto ittico. Oggi, invece, l’output dello stato asiatico è oltre tre volte quello del vecchio continente. Analizziamo i numeri con il supporto della FAO.

Stando a quanto ci riporta la FAO, il mondo dell’ittico, negli ultimi decenni, si è trasformato in modo profondo. Si tratta di un elemento da tenere fortemente in considerazione per comprendere come siano cambiati i pesi delle varie fonti di approvvigionamento.

Per prima cosa, basti pensare che negli oltre trent’anni che vanno dagli anni novanta al 2022, praticamente il volume di pescato si è mantenuto costante e pari a circa 90 milioni di tonnellate.

Ciò che, invece, ha visto un incremento straordinario è il mondo dell’acquacoltura. Nei primi anni 2000, il volume generato da questo sistema di produzione era pari a circa 43 milioni di tonnellate di prodotto. Nel 2022 quella cifra è più che raddoppiata per arrivare a 94.4 milioni.

Se guardiamo come viene utilizzato il prodotto, nello stesso intervallo di tempo, notiamo come il consumo umano sia aumentato vertiginosamente, passando dalle 109.3 milioni di tonnellate di inizio millennio alle oltre 164 del 2022. Le quantità destinate ad impieghi diversi rispetto a quelli alimentari si sono addirittura contratte nel corso degli anni.

In altre parole, esiste una domanda sempre maggiore di ittico che il pescato non riesce a soddisfare e, dunque, è necessario ricorrere all’acquacoltura la quale aumenta il proprio output di prodotto, inesorabilmente, di anno in anno.

Se ci soffermiamo sulla seconda immagine, dove la linea fucsia rappresenta l’acquacoltura, quella azzurra il pescato e la tratteggiata il totale, appare chiaro come l’impennata dell’acquacoltura, dal 1990 ad oggi sia assolutamente evidente. È proprio nel 2022 che, se escludiamo dal conteggio le alghe, questa fonte di approvvigionamento è diventata la principale in termini di volumi.

Quale Paese fa la parte del leone?

Come si evince dalle tabelle qui sopra, se guardiamo lo scenario europeo, l’exploit produttivo lo si è avuto negli anni ’80. Da quel punto in avanti, i volumi complessivi tendono a calare, nonostante la componente derivata dall’ acquacoltura, invece, veda un incremento.

D’altro canto, la crescita cinese è spettacolare. Se, all’inizio degli anni ottanta, mentre noi europei avevamo il boom, la Cina non arrivava nemmeno a produrre 10 milioni di tonnellate, nel 2022 supera le 60, ovvero più del triplo di quanto viene prodotto nel continente europeo.

Si tratta di un cambiamento fondamentale nello scenario mondiale che vede il nostro continente assumere un ruolo più marginale rispetto al passato.

Se guardiamo solo allo spaccato dell’acquacoltura, l’Europa in 22 anni ha aumentato il proprio output di 1.45 milioni di tonnellate. Nello stesso periodo, l’Asia ha incrementato il proprio di quasi 55 milioni di tonnellate.

Cosa comporta questo scenario per la GDO?

È sempre opportuno monitorare le fonti di approvvigionamento principali per ogni determinato prodotto. Nel mondo dell’ittico, le variazioni nei pesi dei Paesi obbligano la GDO a tenersi al passo con i cambiamenti in atto.

Se pensiamo, ad esempio, al merluzzo, pesce che costituisce la base di un’infinità di articoli venduti sia tal quali che preparati/panati, sappiamo che negli ultimi tempi i volumi di prodotto allevato stanno aumentando, proprio in conseguenza della difficoltà nel reperire il pescato.

Fare scouting, approfondendo quali mercati vanno esplorati per differenziare le forniture ed essere sicuri di offrire ai clienti il prodotto al giusto prezzo in modo continuativo, rimane una componente fondamentale del lavoro delle aziende retail. Chi non si dedica in modo efficiente a tale attività, generalmente, produce performance peggiori rispetto al mercato.

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