La transmedialità è matura, dice il Censis. E la radio cresce ancora

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Maggio 2019. Nel 2018 la televisione ha registrato una leggera flessione dei telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali (la tv digitale terrestre e la tv satellitare si attestano, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell’ultimo anno), mentre continuano a crescere la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno). La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media: complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani. Ma se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l’autoradio (il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata però dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno).

L’uso di internet

Gli italiani che usano internet passano dal 75,2% al 78,4%, con una differenza positiva del 3,2% rispetto allo scorso anno e del 33,1% dal 2007. Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (con una crescita annua del 4,2%, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network aumentano dal 67,3% al 72,5% della popolazione. Continuano ad aumentare gli utenti di WhatsApp (il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30), mentre più della metà della popolazione fa ricorso ai due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti compiuto da Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani), mentre Twitter scende al 12,3%. I media a stampa invece ristagnano nella crisi, a cominciare dai quotidiani, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018. Questo calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno registrato un aumento dell’utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Invece, aggregatori di notizie online e portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Nel campo dei periodici, restano stabili i settimanali (il 30,8% di utenza, -0,2% in un anno) e i mensili (il 26,5% di utenza, -0,3%).

Il settore dei libri

Anche i lettori di libri in Italia continuano a diminuire anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno). Né gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la riduzione dei lettori. L’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici nell’intervallo di tempo tra il 2007 (l’anno prima dell’inizio della crisi) e il 2017 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli pre-crisi (-2,7% in termini reali), la spesa per l’acquisto di smartphone ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto triplicando in dieci anni (+221,6% nell’intero periodo, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per l’acquisto di computer ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+54,7%), mentre i servizi di telefonia si riassestavano verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4%, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio collo (-38,8%).

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