Perché confondere i valori corporate di Conad con i prodotti e le carte di pagamento?

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Gennaio 2019. La Ruota del commercio gira e oggi propone il mutualismo e la cooperazione fra dettaglianti come forma di contemporaneità. Se avessimo provato a immaginarlo dieci o quindici anni fa, molti sarebbero stati scettici perché erano gli opinion leader che pilotavano verso il basso i temi del cambiamento. Far partire il cambiamento dal basso verso l’alto della società economica e civile è davvero una novità.

Eppure sta succedendo.

Leggete con attenzione quanto scrivono Aldo Bonomi, fondatore di Aaster con l’Ad di Conad Francesco Pugliese, in “Tessiture Sociali” (Egea): sono i soci dettaglianti a chiedere a Conad di elevare il tema “comunità locale” a funzione di sistema in una forma tale da connettere la voglia di comunità dei soci in uno scambio di esperienze, di formazione di competenze, di articolazione delle funzioni di supporto comunicativo, insomma di una community aziendale che ponga il tema antico delle “comunità” nell’alveo dei driver dell’innovazione in ambito aziendale.

Da questo zoccolo duro di comunità di gruppo è poi decollato il Grande Viaggio per le città per cercare le comunità in tutti i loro aspetti: economici, sociali, organizzativi. Per i soci essere parte della comunità locale significa sostanzialmente agire in tre direzioni:

. sostenere le tradizioni locali,

. essere attenti alle situazioni di disagio sociale,

. promuovere la partecipazione civica.

È il retailer che esce dalla superficie del punto di vendita, concetto già espresso anche da Leroy Merlin, per essere parte integrante della società, non più bottegaio, nel suo significato deteriore, ma attore sociale con una visibilità diversa dal passato, meno commerciale e più valoriale. Non è certamente una scelta buonista, ma una scelta razionale quella di sviluppare il tema della coesione sociale, un passaggio obbligato per fare economia e quindi commercio.

Il problema è comunicare i valori corporate all’interno di un calendario commerciale lungo un anno nel quale devono essere convivere risvolti oggettivi di prodotti e di sconti e di azioni di acquisto.

Però, a parere di RetailWatch sia il Natale 2017 sia il Natale 2018 non vanno in questa direzione. La loro distonia nasce da una voglia parallela di comunicare il territorio e i sentimenti della comunità mischiati a un racconto di servizi e prodotti dell’insegna: valeva davvero la pena declinare il senso della famiglia italiana con la valigia piena di prodotti Conad e addirittura con una tessera pre-pagata? Difficile rispondere di si anche se il regista dello spot si chiama Gabriele Salvatores.

Il problema è la narrazione e quindi i contenuti: uscire dalla porta del retail per imboccare la strada della comunità e dell’ascolto non significa poi rientrare dalla finestra sul retro del supermercato con una valigia di prodotti e una carta pre-pagata, anche se c’è un grande registra che fa scudo.

Forse è meglio costruire un doppio sentiero di comunicazione distinto fra corporate e azioni commerciali, basato su una piramide invertita come quella disegnata da Bonomi, che parte dalla comunità interna dei soci Conad per arrivare alla comunità sociale degli imprenditori e degli artigiani, degli studenti e dei disoccupati e dei pensionati.

Nello spot Conad di Natale 2019 non potrebbero esserci esclusivamente valori corporate? Come da sempre fa Coca Cola, il cui brand e il prodotto compaiono solo alla fine dello spot.

Altrimenti sembra che si usino i buoni sentimenti per vendere i prodotti e questo non dovrebbe essere nelle intenzioni di Conad che, nelle festività natalizie, vuole sicuramente elevare la propria comunicazione corporate a un messaggio di serenità e solidarietà.

Le polemiche sul ruolo della madre e del padre, del figlio e del caciocavallo, alla luce di quanto sopra potevano essere evitate.

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