Pratiche commerciali sleali: la proposta De Castro vista dai retailer

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Pratiche commerciali sleali: la proposta De Castro vista dai retailer

Maggio 2018. L’onorevole Paolo De Castro ha lanciato recentemente in commissione agricoltura una “Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare”.
 
In Francia la legislazione commerciale è sempre in mutamento, da noi un pò meno. Rimane l’art.62 sui pagamenti che dopo una fiammata di discussion anche accanite, è stato assorbito dal sistema senza grandi scossoni.
 
La direttiva sulle pratiche commerciali sleali prende le mosse dalla filiera Agricola ma ovviamente si estende a tutto il settore dell’alimentare.
 
Le sue motivazioni sono:
Necessità nel breve e lungo termine
La presente proposta mira a limitare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare garantendo un livello minimo di tutela in tutta l'UE attraverso un quadro normativo che vieti le pratiche commerciali sleali più gravi e offra possibilità di ricorso. Eliminando un ostacolo all'efficienza, la proposta migliorerà inoltre il funzionamento della filiera alimentare in generale.
 
Risultati e incidenza previsti
1. Ridurre la frequenza delle pratiche commerciali sleali
2. Contribuire a garantire condizioni di parità
3. Rendere possibile un meccanismo di ricorso efficace
Impatto: miglioramento della posizione dei produttori agricoli nella filiera alimentare con un conseguente effetto positivo sul loro reddito.
 
Indicatori di risultato e di incidenza
1. Frequenza dichiarata dalle imprese relativamente a ciascuna pratica commerciale sleale considerata (percentuale delle imprese dichiaranti e frequenza dichiarata, costi percepiti connessi alle pratiche commerciali sleali)
1. Costi di conformità per le imprese
1. Potenziali effetti di diversione degli scambi a scapito dei soggetti tutelati
2. Allineamento nell'applicazione delle norme in materia di pratiche commerciali sleali (ad esempio: numero di modifiche alle norme nazionali necessarie per uniformare le pratiche)
2. Numero di raccomandazioni adottate sulle migliori pratiche
2. Costi amministrativi dichiarati per gli Stati membri
2. Evoluzione relativa dei prezzi alla produzione e al consumo
3. Numero di denunce ricevute (anche in forma anonima)
3. Numero di incontri di mediazione, se del caso
3. Numero di indagini avviate (di propria iniziativa o su richiesta)
3. Percentuale di casi di accertamento della violazione.
 
Scarica qui la Proposta di Direttiva
 
RetailWatch ha volute sentire il parere dei retailer. Settimana prossima pubblicheremo anche gli orientamenti dell’IDM.
 

 
Giorgio Santambrogio, Presidente di ADM. “Dalla discriminazione alla differenziazione delle condizioni di vendita” attenzione, dice Santambrogio che sono due concetti molto diversi fra loro. Se l’intenzione di De Castro è colpire i monopoli ben venga, ma la differenziazione nelle negoziazione è alla base di tutto e deve essere lasciata al libero mercato.
 

 
Per Marco Pedroni, president di Coop Italia, questa inziativa parte dai grandi gruppi industriali che nulla hanno a che fare con la tutela dei piccoli agricoltori. Le industrie hanno mostrato in questi anni troppa disinvoltura nelle loro politiche di vendita, mente è toccata ai retailer contrastare l’inflazione con politiche di prezzi deflazionistici.
 

 
“E’ una nuova inziaitiva della dimensione, ma non nella filosofia, dice Maniele Tasca, Direttore generale di Selex, perchè entra in meccanismi che dovrebbero essere regolamentati dal libero mercato. Bisogna mettere i puntino sulle i quando si parla di rapporti industria-distribuzione. E per farlo bisogna che il mercato sia libero. L’art. 62 ha dimostrato con le best practice sui pagamenti che si possono mettere norme scritte senza interferire nei meccanismi di base.
 
Le interviste sono state raccolte durante Linkontro Nielsen 2018.

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