Gran Bretagna dice viva il Farmer. E l’Italia?

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Gran Bretagna dice viva il Farmer. E l’Italia?

Gennaio 2015. Durante un recente viaggio in Gran Bretagna e a Londra abbiamo provato a concentrare l’attenzione sui prodotti e i produttori made in Britain e sulla comunicazione connessa nei supermercati e nei superstore britannici.
 
Intensità della comunicazione
L’intensità è davvero elevata, appena possono le insegne danno spazio a comunicazione generica o dettagliata su un concetto o su una categoria merceologica. Interessante la possibilità di dare rilievo a singoli produttori con fotografia dell’agricoltore coinvolto. È una strategia iniziata alcuni anni fa e via via ampliata a seconda dell’insegna coinvolta.
 
Le parole utilizzate
Si va dal semplice e perentorio British, all’evidenziazione di singoli prodotti (prodotti in GB), al lavoro fatto sul benessere degli animali coinvolti (richiesta di sicurezza e sostenibilità), alla sottolineatura che anche i prodotti Finest (marca del distributore) sono prodotti nell’isola, al sostegno ai farmer. La componente di autoproduzione è salvaguardata.
 




E l’Italia?
I retailer italiani usano in modo più blando, meno deciso, il fatto che larga parte dell’assortimento commercializzato è prodotto in Italia.
Il più deciso è U2-Unes/Finiper che nei frontalini del prezzo segnala se un prodotto è fatto in Italia o in Europa.
La stessa Iper la grande I/Finiper in modo molto meno intensivo lavora sull’origine della produzione.
Coop evidenzia le filiere, soprattutto per i prodotti di filiera garantita dall’insegna o di alto di gamma, ma non prende in esame tutto l’assortimento.
Lo stesso fanno Carrefour o Auchan. Il primo ha (con Finiper) Terre d’Italia, brand magico, poco sviluppato negli scorsi anni.
Lidl potrebbe valorizzare, come fa già in Italia e maggiormente in altri paesi, il suo sub brand per dare maggior respiro ai prodotti italiani.
Conad ha una comunicazione sul prodotto italiano focalizzata sul suo sub brand Saporti e d’intorni, ma non è sufficiente per abbracciare l’intero assortimento e segnalare i prodotti italiani.
 
Il parere di RetailWatch, facendo una comparazione con la Gran Bretagna, è che si può fare di più:
. si aderisce a un trend di lungo periodo e trasversale,
. si coinvolgono Pmi e co-packer,
. si parla un linguaggio comune.
 
Detto con franchezza: siamo lontani da una valorizzazione profonda e duratura dei prodotti italiani e delle loro filiere, nel food e nel non grocery.
 

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