Diegoli: vi spiego perché lo scaffale con il prezzo fisso non ci sarà più

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Diegoli: vi spiego perché lo scaffale con il prezzo fisso  non ci sarà più

Novembre 2016. La bottiglietta d’acqua è un simbolo sì, certo, della pigrizia e della volontà di autodistruzione del genere umano, sarebbe un discorso lungo ma anche e soprattutto del fatto che ormai prezzo e costo non sono più correlati, se sai capire il cliente e i suoi bisogni, valori, non di una vita, ma del momento, anzi, del micro-momento.
Ieri ho comprato tre bottiglie di acqua (anche io faccio parte del pezzo di umanità che brama l’autodistruzione, ovviamente, nonostante mi ritenga, probabilmente a torto, un consumatore consapevole e sostenibile).
La prima a 20 centesimi. La seconda a 50. La terza a 1 euro e cinquanta.
La stessa quantità di acqua e plastica. In realtà la quarta era la terribile Ferrarelle, incubo della mia infanzia (un giorno avrò la forza di chiedere ai miei perché. PERCHÉ), ma nulla cambia. H2O e plastica.
All’università insegna(va)no il markup. È quando fai il prezzo basandoti sul costo, ci aggiungi un margine in genere fisso e fai il prezzo. Funzionava.
 
I canali di acquisto erano pochi. L’asimmetria informativa a favore delle aziende. L’accesso ai prodotti limitato. La mobilità delle persone pure.
Il markup è ora per chi non sa niente del cliente.
È per il supermercato che vende allo stesso prezzo tutto a tutti, e si basa sul markup, appunto. La bottiglietta d’acqua a 20 centesimi, a pacchi da sei.
Ora i momenti, con la connessione permanente, sono ciò che conta, mentre il prodotto è quasi sempre una commodity. La bottiglietta di Ferrarelle al prezzo assassino di 1.50 è stata acquistata sul Frecciarossa, ovviamente. Micro-momento «muoio di sete», monopolio di fornitura, dall’altro. Avrei potuto fare showrooming, ma mi serviva right here, right now.
La bottiglietta a 50 centesimi è stata acquistata in un coworking, che ovviamente fa «subsidizing» a favore dei clienti. È un prezzo «di servizio», che serve a vendere la scrivania.
Questa è l’epoca del servizio. Servizio non significa solo fare assicurazione, banking, noleggio. Significa anche connettersi al cliente nel momento stesso del bisogno. Fare pagare la delivery o l’accesso al prodotto a seconda del momento, dell’urgenza, della volontà di spendere. Ma quando tutto (tramite il digitale) diventaservizio, il prezzo della delivery e del prodotto si fondono, almeno nella mente del consumatore.
Non siamo lontani da segmentazioni di prezzo dinamiche, sull’online, basate sulla storia, sul momento, sulla tattica di acquisizione nei confronti di un particolare cliente.
 
Di un sottocosto ad hoc, non di massa.
Lo scaffale col suo prezzo fisso è storia del ventesimo secolo?

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