Iñárritu-Birdman: le virtù dell’ignoranza

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Iñárritu-Birdman: le virtù dell’ignoranza

Febbraio 2015. Alejandro González Iñárritu. È indispensabile cominciare questa recensione col suo nome. In soli quindici anni il regista messicano è riuscito, con cinque film, a conquistare non solo Hollywood, ma tutto il mondo. Amores perros (2000), 21 Grammi (2003), Babel (2006) e Biutiful (2010), tutti raccolgono interpretazioni incredibili da parte di attori fuoriclasse (Bernal, Penn, Pitt, Blanchett e Bardem, per citarne alcuni). Non ha sbagliato un colpo, mai. Fra tre settimane Birdman  (ovvero Le imprevedibili virtù dell’ignoranza), si presenta agli Oscar con nove nomination, tra le quali Miglior Film, Regia, Attore protagonista e Sceneggiatura originale. Curriculum notevole. E si trattava solo dei convenevoli, perché Birdman non gioca nemmeno nella stessa serie dei suoi predecessori: è un altro sport.
 
Un attore di blockbuster cerca riscatto intellettuale nel teatro, a Broadway. I giorni che precedono la prima dello spettacolo, del quale è anche regista oltre che attore, si ritroverà a fare i conti con il fantasma del suo alter ego hollywoodiano, un supereroe alato, la sua famiglia, la propria carriera e sé stesso.
La scelta del protagonista non è ricaduta a caso su Micheal Keaton, attore caduto nel dimenticatoio delle colline sulla west coast, due volte Batman (’89, ’92) e poi entrato in un vortice di ruoli insignificanti e doppiaggi di cartoni Disney.
Lo affiancano Edward Norton (standing ovation per questo attore fenomenale la cui carriera è caratterizzata dalla sua discrezione e attenta scelta dei film da interpretare), Emma Stone, Naomi Watts e Zach Galifianakis. Un cast incredibile per un film che raggiunge picchi di perfezione estetica e contenutistica con regolarità ogni scena. Queste sono tutte realizzate con cosiddetti long takes (una sola inquadratura) e i collegamenti fra l’una e l’altra ingannano lo spettatore con finti piani sequenza (il collegamento di più scene, e quindi di diversi segmenti narrativi, con una sola inquadratura). Il risultato è l’inverosimile, fiabesca storia di una sola ripresa, senza l’intervento di tagli in fase di montaggio. In questo modo si impedisce allo spettatore ogni tipo di distrazione dalla narrazione, costringendolo in un vortice di avvenimenti e sensazioni che lo trasportino al cuore della trama.
 
Emma Stone, che interpreta la figlia del regista, racconta del metodo di Iñárritu: “Non ci era dato il lusso di tagli in fase di montaggio. Sapevamo che ogni scena sarebbe rimasta nel film, come succede a teatro. Quella era la nostra occasione di vivere le scene e basta.”
Molto più di un esercizio di stile, Birdman è il capolavoro contemporaneo, senza rivali per tecnica e recitazione. Iñárritu si è rifiutato di seguire la tendenza di qualsiasi altro suo collega straniero approdato con successo a Hollywood: accontentarsi. Con questo film, il regista messicano si riconferma uno dei più grandi sulla scena del ventunesimo secolo con un solo concetto: riscatto.
 
 
VELOCITA’: due ore che vorreste non finissero mai. Fin troppo breve. Il film scorre tra i finti piani sequenza con una dolcezza unica e, probabilmente, irripetibile. Purtroppo.
TEMPERATURA: il ritmo che scandisce la narrazione è talmente serrato che restituisce un piacevole sensazione di tepore che cresce fino ad esplodere in un calore quasi insostenibile nella sequenza finale.
COLONNA SONORA: Questo elemento conferisce alla pellicola un’ulteriore caratteristica che ne definisce la sua unicità. Iñárritu sceglie di utilizzare un solo strumento quasi a sottolineare l’inquadratura unica dei piani sequenza. Lo fa usando il più insolito e inaspettato degli strumenti per un film: le percussioni. La batteria ci incalza nei passaggi da un’ambiente all’altro invitandoci a correre insieme agli interpreti attraverso i corridoi del teatro.
 
Gli abbinamenti food, di Luigi Rubinelli
 
Se Giulio dice che si tratta di un capolavoro sarà senz’altro così. Non è facile allora fare gli abbinamenti con centinaia di Dop e docg, ci tentiamo.
 
Il vino
Amarone della Valpolicella di Tenuta Sant’Antonio di Colognola ai colli (Vr). Io assaggerei la selezione Antonio Castagnedi ’10, un vino (e non è un luogo commune) che è davvero armonia a tutto tondo, senza cercare a tutti I costi di sfondre con la potenza, fatto che, in questa zona riesce a troppi.
 
Il formaggio
All’Amarone non tengono molti formaggi e allora andiamo sul Parmigiano Reggiano, formaggio, come sappiamo di disciplinare rigido. Assaggerei il 48 mesi che, ovviamente, costa di più, ma con l’Amarone si sposa eccome.
 
Il cioccolato
Mai assaggiato le fave di cacao Domori? Ben, allora è il caso di provarle con I campioni descritti sopra, degustatele lentamente, non sono caramelle, anche se verrebbe la voglia di masticarle subito, lasciate che si sciolgano mettendole nella guancia e provatele con l’Amarone, oppure masticatele a piccolo, piccolo pezzi. Alla fine, incredibilmente, la bocca sarà asciutta.

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