Ozon: una nuova amica, vogliamo parlarne?

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Ozon: una nuova amica, vogliamo parlarne?

Marzo 2015. „Tu chantais comme chante un enfant
Tu étais gai comme un italien
Quand il sait qu'il aura de l'amour et du vin
Et enfin pour la première fois
Je me suis enfin sentie:
Femme, femme, une femme„
(Nicole Croiselle- Une femme aver toi)

Di film che trattino la tematica LGBT (Lesbismo, Gay, Bisessualità e Transessualità) ormai se ne annoverano a decine. Ogni regista (spesso a loro volta omosessuali) ha, con tempo e dedizione, delineato il proprio linguaggio. In Italia abbiamo l'esempio di Ferzan Özpetek che, nell'arco di una ventina di anni, ha portato avanti una fondamentale battaglia di sensibilizzazione per il rispetto e la tolleranza dell'omosessualità. Le modalità di approccio alla tematica sono svariate: si è passati dall'espediente narrativo dell'HIV (grazie a pellicole come Philadelphia di Jonathan Demme- 1993), che sconvolse il mondo nel periodo a cavallo tra gli anni '80 e '90 (nel 1992 viene coniato in America il nome di una nuova corrente: il New Queer Cinema, termine che nasce dispregiativo, ma che venne poi sdoganato dalla comunità omosessuale stessa. Di questo filone fanno parte registi del calibro di Gus Van Sant- Mala Noche, 1985- e Todd Haynes- Poison, 1991), ad un genere più soft, sempre drammatico, ma incentrato sulle dinamiche di coppia (con registi europei come Almodóvar e un primo Özpetek, quello di Le fate ignoranti -2001 e Saturno contro -2007, per intenderci), ad ancora il ricorso ad un'arma tanto efficace quanto, talvolta, dissacrante, quale l'autoironia (ne sono l'emblema Mine Vaganti-2010 e Pride-2014) in anni più recenti.
Ognuna interessante alla sua maniera, ogni via ha contribuito a fare del "Cinema LGBT" un'esperienza universale ed universalizzante, capace di guardare in faccia tutte le fasce di età ed estrazioni sociali, facendo a meno del primitivo utilizzo di scene di sesso shockanti (fondamentali negli anni '90, eppure così futili in tempi moderni) e provocazioni sacrificabili a livello narrativo. La rabbia insomma, ha lasciato spazio ad una mite attività di conciliazione con la società civile più bigotta, scendendo a patti sulle esplicite forzature nelle dinamiche più intime.
Il percorso compiuto da questo specifico genere (se di genere si può parlare, poiché la quantità di queste politiche ha ampiamente sforato da originarie correnti come la New Queer) è dunque complesso e in perenne e rapida mutazione: viene rispolverato ogni singolo periodo con regolarità, creando in brevi lassi di tempo (negli ultimi due anni abbiamo avuto sì la fortuna di poter assistere a film come Pride, ma anche a Dallas Buyer Club– 2013), affreschi meravigliosi di un panorama nascosto e non ancora tollerato.
Alla luce di questo percorso sono in rapida ascesa registi sempre più giovani come Xavier Dolan che, ben prima del successo di Mommy– 2014, aveva realizzato, ventitreenne, una pellicola del calibro di Laurence Anyways– 2012.

Per la Francia parla François Ozon (soppiantando l'allora scandaloso Chabrol di Les biches– 1968; alla lettera tradotto "le cerbiatte", ma non sfuggirà ai più il sottile gioco di parole), regista di caratura internazionale diventato celebre con film come 8 donne e un mistero– 2002 (raduno di più generazioni di storia del cinema francese) e Potiche– 2010. Il suo riconoscimento nasce anche grazie a festival come quello della Berlinale e il Sundance, che per primi avevano aperto le porte a tematiche LGBT.
Ozon non si è mai limitato a raccontare storie di omosessualità, seppure in ogni suo film se ne ritrovi traccia in almeno un personaggio, quanto piuttosto la ferma volontà di approfondire con attenzione la sessualità umana in ogni sua forma. Ne è la dimostrazione Giovane e bella– 2013, che affrontava la difficile tematica della prostituzione minorile.

Una nuova amica, il suo ultimo film (in sala da giovedì scorso), è una pellicola che si apprezza maggiormente se si comprende le origini e le ragioni della sua attualità. (A proposito di sopracitato bigottismo, anche il Giornale di Sallusti parla in questo caso di „rispettoso garbo nell'esplorazione delle ambiguità“.)

Laura e Claire sono legate da un'amicizia sanguigna dal tempo delle elementari. I loro percorsi di vita sono assolutamente paralleli e basati sulla reciproca dipendenza. Laura sposerà David (interpretato da uno strabiliante Romain Duris: L'appartamento spagnolo- 2002, Parigi- 2008), ma a breve distanza dal matrimonio lei morirà di un non meglio definito male, lasciando il marito solo con la figlia ed entrambi sotto la tutela della migliore amica. Questa, dopo un primo momento di timore nel porgere visita ai due, si deciderà a passare fugacemente dalla casa della defunta amica. Qui scoprirà David vestito da donna mentre si prende cura della bambina. Vedendola sconvolta, David convincerà Claire a non fare parola del suo segreto con nessuno, coinvolgendola anzi in questa sua particolare ossessione. Nascerà una dinamica ambigua tra i due, della quale non potranno più fare a meno e che aprirà le porte alla prospettiva di una temuta omogenitorialità.
Pochi film riescono a parlare alla contemporaneità come Una nuova amica. Questo è un film che, per intenderci, coinvolge tutti in prima persona, non meno di pellicole geniali come Her (2013- Spike Jonze) o Lars e una ragazza tutta sua (2007- Craig Gillespie), ponendo questioni fondamentali per la partecipazione al dialogo politico e di cronaca degli ultimi anni.
Un film da vedere in quanto cittadini informati, amanti del buon cinema, ma soprattutto esseri umani, costretti ogni giorno a confrontarsi con domande complesse e di difficile risposta, di fronte alle questioni più impreviste e articolate che ci pone la vita stessa.

Altre recensioni su www.giuliorubinelli.it
 

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